Dopo lunga e sofferta gestazione, ieri sera è finalmente nata l’edizione 2020 del Festival di Sanremo.
Non mentiremo: non l’abbiamo visto in diretta. Federica era infatti negli USA, vittima di fusi orari ostili o forse clementi, io invece in Italia, ma succube di una ciurma di adolescenti da accompagnare per la città.
Stamattina mi sono decisa a recuperare in differita, selezionando i momenti migliori della serata.
Tra questi va annoverato senza dubbio l’insuperabile, magistrale, commovente e a tratti straziante
monologo di Rula Jebreal contro la violenza sulle donne.
Un intervento tanto inatteso nella sua efficacia e profondità quanto straniante in un simile contesto, non solo per il luccichio e le paillettes, ma per la varietà umana e culturale che lo ha circondato, che è poi in fondo la cifra di tutti i Sanremo che si rispettino.
Più che varietà umana direi proprio un bel minestrone, una ricetta oramai consolidata con tutti gli ingredienti calibrati al grammo, di modo che nessuna piega dell’audience, pur minoritaria, infima o infame si senta esclusa, ma anzi trovi un’adeguata rappresentazione.
Se infatti la gaffe del passo indietro e la presenza del rapper che sdogana la violenza contro le donne nelle sue canzoni avevano dato un contentino alla parte più retrograda e primitiva del paese, ecco che ieri sera si è andati subito a perfetta compensazione con il monologo di Rula Jebreal e la canzone di Jessica Notaro. Pari e patta: anche chi difende le donne ha avuto così la propria parte.
Ma davvero le diverse opinioni, le prese di posizione, i comportamenti sociali sono tutti uguali, hanno la stessa dignità e devono essere ugualmente e adeguatamente rappresentati nel più importante evento televisivo e canoro dell’anno?
Sanremo costa 18 milioni di euro e ne incassa 30 dagli inserzionisti pubblicitari, e certo, se 6 milioni sono le donne vittime di violenza, ci saranno suppergiù almeno 5 milioni di uomini che la esercitano, quella violenza. Senza contare le altre milionate di uomini ben contenti di avere una compagna un passo indietro, e le donne felici di starci.
Potrebbe mai Sanremo ignorare un target di spettatori così ampio? Non l’ha mai fatto prima e quindi non sto neanche tanto a prendermela con i due “incidenti” di quest’anno, perché è sempre stato così. Se ci pensate, ammiccamenti a questo target di spettatori ce ne sono sempre stati in tutte le precedenti edizioni.
Sanremo è infatti lo specchio forse più sincero e crudele di quello che è il paese, dove c’è di tutto, “buoni” e “cattivi” che non si confrontano mai ma sono accuratamente messi in serate, posti e orari diversi.
Sappiamo però che l’unica strada per crescere e per migliorare, sia individualmente che come collettività, può essere solo quella che parte dal saper vedere la parte migliore di quello che siamo, proiettarla all’esterno di noi stessi e lavorare per espanderla.
Mi spiace tanto, quindi, ma tenere le donne un passo indietro e cantare la violenza contro di loro non è certo il meglio che i nostri uomini sanno fare, non è il modo migliore di rappresentarli, non è il migliore immaginario umano verso il quale educare i nostri giovani.
Promuovere a compensazione iniziative separate e parallele che contrastano questi comportamenti, inoltre, non basta, perché
se si mette tutto nello stesso contenitore, nello stesso racconto mediatico del più importante e seguito evento televisivo dell’anno, tutto si confonde, assume pari risonanza e, dunque, pari dignità.
Sanremo sarà quindi un grande successo di pubblico, un innegabile trionfo commerciale, ma ha fallito, e da anni, in quella che dovrebbe essere la missione del servizio pubblico più profonda: motivare ed educare i cittadini/e a tirare fuori il meglio di sé in una cornice di solidarietà e comprensione collettiva.
Chissà, magari l’Italia ci riuscirà prima o poi ad uscire dal proprio cinismo secolare, da questa scettica apatia che tiene tutto immobile e che ci impedisce di crescere e di migliorare: staremo a vedere.
E’ certo, comunque, che, se mai succederà, ce ne accorgeremo guardando, un giorno, forse, un Sanremo finalmente in grado di riflettersi solo nella parte migliore del nostro paese.