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Perchè la prospettiva di genere nell’economia politica del COVID-19 è importante

di Federica Gentile | 23 Aprile 2020

Photo by Francisco Venâncio on Unsplash

Questo post è la traduzione integrale dell’articolo Why the gendered political economy of COVID-19 matters di Merisa Thompson pubblicato da SPERI – Sheffield Political Economy Research Institute il 15 aprile 2020. Ringraziamo l’autrice per averci gentilmente permesso di tradurre integralmente il suo pezzo.

This is the Italian translation of the article Why the gendered political economy of COVID-19 matters by Merisa Thompson, published by SPERI – Sheffield Political Economy Research Institute on April, 15th 2020. We thank the author, who kindly allowed us to translate her article.

Le economiste femministe hanno a lungo sostenuto che, in tempi di crisi, la visione prevalente alla base della nostra economia politica diventi più chiara, evidenziando in particolare il supporto fornito dal lavoro non valutato e sottostimato.

Infatti, la pandemia di Covid-19 ha messo in luce il lavoro di cura non valutato e non retribuito svolto dalla famiglia, come la cura dei bambini e degli anziani, il supporto emotivo e la (maggiore) preparazione del cibo, nonché la nostra dipendenza dal vitale lavoro volontario nella comunità, come testimoniato dalla comparsa di gruppi di mutuo soccorso, e dall’aumento del carico di lavoro dei banchi alimentari ecc. Ha anche messo in luce il lavoro sottovalutato e poco remunerato che è essenziale per mantenere attive le nostre economie e società: il lavoro degli operatori e delle operatrici e degli assistenti e delle assistenti sociali, di coloro che fanno consegne e di coloro che lavorano duramente nei settori della produzione alimentare e della vendita al dettaglio, che vengono elogiati come “eroi silenziosi”.

Nonostante il coinvolgimento di uomini e di donne, una percentuale molto più elevata di questo lavoro è ancora svolto dalle donne, ed è anche necessario riconoscere le peculiari dinamiche di genere che determinano la sottovalutazione di quelle che sono considerate aree “femminili” dell’economia – in particolare, l’assistenza sanitaria e sociale, l’istruzione e l’assistenza all’infanzia, e il settore della produzione di cibo.

Non è possibile minimizzare la connessione tra il lavoro di assistenza non valutato e non retribuito delle donne e la sottovalutazione e la scarsa remunerazione di lavoratori e lavoratrici essenziali.

Come sostiene Marilyn Waring sin dagli anni ’80, il lavoro non retribuito delle donne (lavoro domestico, cura di bambini, malati e di persone anziane) non è conteggiato nei modelli economici nazionali e nel PIL. Se non teniamo conto di questo lavoro nelle nostre analisi dell’economia politica, raccontiamo solo metà della storia. Le economie nazionali sono basate su – ed estraggono valore – dal contributo di questo lavoro sociale e riproduttivo non retribuito, che include tutto lo sforzo fisico ed emotivo necessario per produrre e prendersi cura degli umani, e quindi per riprodurre la forza lavoro.

A ciò si aggiunge la più ampia dipendenza dal lavoro a basso costo e sottovalutato che viene solitamente denigrato come non qualificato, ma ora è riconosciuto come “fondamentale” ed “essenziale”. Non solo l’economia locale e globale si basano fondamentalmente su di esso, ma molti lavoratori e lavoratrici essenziali sono stati spinti a dover svolgere lavoro di cura extra – sia come genitori che per i propri genitori e per altri parenti – per via del Covid-19, il tutto mentre si destreggiano tra lavori sottopagati o addirittura perdono il lavoro. Pertanto, pagano più volte i costi della crisi.

Nel corso della pandemia, la chiusura delle scuole ha un impatto sia sulle donne che sugli uomini, ma sovente è peggio per le donne perché spesso svolgono lavori poco retribuiti e flessibili e sono già le caregiver primarie (non retribuite).

Donne sono anche generalmente gli operatori sanitari (sottopagati) che si prendono cura degli anziani e dei malati, compresa una buona percentuale del personale sanitario e di assistenza domiciliare dell’NHS. Come ha sottolineato il Women’s Budget Group (WBG), le donne hanno anche maggiori probabilità di far parte di gruppi a basso reddito che sono quindi maggiormente a rischio di non poter pagare affitti e mutui. Inoltre, come sostiene Katerina Mantouvalou, anche le risposte in termini di policy alla pandemia pesano notevolmente sulle donne, con l’ordine di rimanere a casa che le mette a maggior rischio di violenza domestica, con le chiusure di scuole e asili nido che aumentano la vulnerabilità alla povertà (soprattutto per le madri single) e il passaggio al lavoro da casa che mette le madri dei bambini in età scolare e le donne in gravidanza a maggior rischio di discriminazione ed esubero (mentre devono anche pagare costi personali, emotivi e di altro tipo per prendersi cura ed istruire figli/e).

Oltre a tutto, una quota significativa dei lavoratori essenziali sono donne. Le foto degli assistenti che hanno lasciato le loro famiglie per trasferirsi in una istituzione di Sheffield che si occupa di malati/e di demenza per proteggere i residenti dimostrano vividamente quante persone in prima linea siano donne. Come il Women’s Budget Group ha ulteriormente sottolineato, “le donne corrono il rischio maggiore di esposizione al COVID-19”. Sulla base dei calcoli pubblicati da Autonomy, su oltre 3 milioni di persone in lavori con un “rischio elevato” di esposizione, il 77% sono donne. Le donne sono anche maggiormente rappresentate nelle professioni meno retribuite all’interno di questa categoria. Nel Regno Unito, 9 infermiere su 10 sono donne, così come sono donne 8 su 10 operatori sanitari, assistenti domestici e ausiliari o assistenti infermieristici. Le donne nere, asiatiche, appartenenti a minoranze etniche e migranti sono sovrappresentate in molte di queste professioni. Questi lavori sono già caratterizzati da una retribuzione bassa, ma nel Regno Unito le donne guadagnano ancora meno dei loro colleghi maschi.

Se questi lavoratori e lavoratrici sono fondamentali ed essenziali, perché il loro lavoro è così sottovalutato in tempi normali? Nel caso della cura, come sottolinea Chris Dillow, il lavoro svolto da donne e immigrati/e non solo è stato a lungo stigmatizzato, svalutato e considerato non qualificato ma, soprattutto, “questi lavoratori e lavoratrici non hanno moltre altre opzioni, e quindi non hanno potere di contrattazione”. La “scoperta” recente di questo tipo di lavoro rivela quanto la società faccia affidamento su di esso e quanto sia sottovalutato e scarsamente remunerato.

Come suggerisce Ian Dunt, l’idea stessa di lavoratori e lavoratrici essenziali mette in discussione le nozioni tradizionali di ciò che costituisce valore nelle economie capitaliste.

Le femministe, tuttavia, vanno oltre l’argomento monetario. Rai, Hoskyns e Thomas sostengono che il lavoro di riproduzione sociale provoca un “esaurimento” a tre livelli: individuale (dal punto di vista mentale, fisico, economico e sociale); familiare (compresi altri siti come le case di cura per anziani); e comunitario (man mano le risorse della comunità diminuiscono perchè più persone si spostano verso il lavoro remunuerato). L’esaurimento si intensifica quando il gli sforzi fatti nel lavoro di riproduzione sociale e non sono compensati misure (incluse misure monetarie) che aiutano a sostenere la salute e il benessere di coloro che svolgono il lavoro di riproduzione sociale. Come sostiene Meg Luxton, sono le donne che spesso devono metterci una pezza durante le crisi, svolgendo più lavoro di riproduzione sociale nell’economia e facendo fronte alla mancanza di servizi sociali e assistenziali. L’assistenza sanitaria e sociale è popolata da operatori e operatrici sanitari sottopagati e sovraccarichi di lavoro, ma pagano due volte: una volta con il loro lavoro scarsamente remunerato, e di nuovo attraverso il processo di esaurimento – o ciò che le femministe chiamano “doppio carico”.

Come hanno suggerito molti commentatori (qui, qui e qui), l’austerity ha comportato una diminuzione di supporto dove ne abbiamo maggiormente bisogno. In pratica, ciò è stato causato dalla ristrutturazione, dalla privatizzazione e dalle successive ondate di tagli a servizi chiave, come il servizio sanitario nazionale, l’assistenza sociale e il credito universale (che al momento è stato congelato per cinque anni). Tuttavia, come hanno dimostrato le iniezioni di liquidità di Rishi Sunak, il sostegno statale è necessario, possibile e benvenuto. Eppure anche queste misure evidenziano enormi disuguaglianze. Come ha notato Sarah O’Connor sul Financial Times, offrendo di pagare fino all’80% dei salari dei dipendenti assenti (fino a £ 2500 al mese), il Cancelliere sta dando più soldi ad alcune persone per stase sedute a casa … che ad altre che vengono pagate per svolgere un lavoro essenziale “e “ a rischio personale per la propria salute”.

Un’analisi femminista dell’economia politica dimostra che la cura deve venire prima di tutto.

Il lavoro non retribuito e sottovalutato deve essere conteggiato e valorizzato. Ciò include la trasformazione strutturale delle modalità di ripartizione del lavoro di cura, l’introduzione di retribuzioni per questo lavoro, un maggiore sostegno statale e investimenti pubblici in servizi vitali, una retribuzione più elevata per i lavoratori e le lavoratrici precari e in prima linea (insieme a migliori diritti, sicurezza lavorativa e accesso alle indennità di malattia ecc.), migliori reti di sicurezza sociale e misure di misurazione e riconoscimento del contributo di questo lavoro sia alle nostre economie nazionali sia al benessere essenziale delle nostre società.