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La chat degli 80 ed il magico mondo degli uomini

di Federica Gentile | 27 Giugno 2023

Che le molestie sul luogo di lavoro e oltre siano endemiche, ormai è dimostrato: la domanda da farsi non è più “a chi è successo?”, ma piuttosto “a chi non è successo?”. A guardare i dati, sottostimati, dato che molte molestie non vengono denunciate, in Italia sono un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro.

Però  a pensare all’ormai famosa chat degli 80, al di là delle frasi terrificanti in cui ci si riferisce a donne come meri pezzi di carne, emerge il senso di una certa impunità: almeno 20 uomini, i più attivi nella chat, tra cui anche dei neoassunti, si sono sentiti tranquilli a fare commenti irripetitibili, senza nemmeno un po’ di ritegno, su una chat che poteva essere letta da altre persone.

Ed è anche questo che non manca mai di lasciarmi stranita e anche furibonda: continuare a vedere come, in questa, e anche in altre circostanze meno eclatanti, gli uomini vivono – spesso beatamente o colpevolmente inconsapevoli – in un mondo diverso dal nostro. Che si muovono per questo mondo con un senso di noncuranza, di tutto dovuto, che io, donna di mezza età, non avrò mai nella vita, dovessi campare altri 100 anni.

Certo, non tutti gli uomini sono avvantaggiati in assoluto – dipende come per le donne da altri variabili (classe, origine etnica, orientamento sessuale etc.) – ma il privilegio maschile è un fatto che rende la vita più facile agli uomini in quanto tali; per esempio gli uomini vivono in un mondo in cui possono ragionevomente pensare che è improbabile che le colleghe, con cui condividono spazi e impegni lavorativi, poi li classifichino in base al loro livello di appetibilità sessuale e facciano commenti irripetibili su di loro in una chat. Sembra normalità, ma è un privilegio, dato l’andazzo generale.

Gli uomini non vivono in un mondo in cui è tutto facile, certo, ma non devono continuamente schivare i pregiudizi, le battute pesanti, le mani che si allungano, che sono il percorso ad ostacoli di chi semplicemente prova ad esistere come ragazza, donna, lavoratrice, studentessa. La loro normalità per certi versi è sideralmente diversa dalla nostra.

A leggere la chat degli 80 si spera che nell’agenzia We are Social ci sia stata un’inconsueta concentrazione di pessimi soggetti, ma purtroppo sappiamo che non è così. Perchè quelle conversazioni avvengono, con toni più o meno moderati e volgari, tutto intorno a noi, soprattutto in ambienti di tutti uomini – anche quelli bravi, progressisti – che però poi ridono alla battuta volgare perchè se non lo fanno vengono visti come non “abbastanza uomini”. Non a caso, una persona intervistata da Selvaggia Lucarelli per la puntata del podcast dedicato al #MeToo delle agenzie pubblicitarie, citava il fatto che se non si partecipava attivamente alla chat, si veniva definiti come “fr*ci”.

Vogliamo sperare che sia un retaggio delle generazioni precedenti, ma non è affatto scontato.

Non so se il caso di We Are Social scatenerà un cambiamento di grande portata e darà un (nuovo) impeto al #MeToo alla carbonara , siccome sono già all’opera tutt* quell* che “ma eravamo una grande famiglia” “non sapevamo ma adesso cambieremo tutto”, ma so per certo che finchè non saranno gli uomini a dire basta a tutti i comportamenti e le parole secondo loro inoffensive che riguardano i corpi delle donne, non andremo avanti. Perchè questa cultura l’hanno creata gli uomini, e sono loro quelli che devono cambiarla.

La chat degli 80 non è un’anomalia: è uno specchio del nostro paese e della sua attitudine nei confronti delle donne e dei loro corpi.

Immagine: foto di Mélodie Descoubes su Unsplash