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Il tempo dei costruttori (e delle costruttrici)

di Giovanna Badalassi | 1 Gennaio 2021

Ammettiamolo. Ieri sera quando nel suo discorso di Capodanno il Presidente Mattarella ha prununciato la frase “E’ il tempo dei costruttori”, abbiamo avuto un attimo di apnea e un piccolo corto circuito si è formato nella nostra mente. L’avesse detta chiunque altro il nostro pensiero immediato sarebbe stato: ”Maledizione, un’altra colata di cemento sul paese, sai i regali alla malavita. In poco tempo crolleremo di debito pubblico e sotto le macerie di infrastrutture marce edificate da (S)pregiudicati maschi di terza età”.

Tale è infatti la nostra esasperazione verso questo termine, dalla reputazione oramai distrutta, in un paese che ha smesso di costruire oramai da parecchio tempo.

Per fortuna nostra questa frase l’ha detta l’amatissimo e rispettatissimo Presidente, e allora il nostro respiro è subito regolarmente ricominciato perché abbiamo capito che certamente si riferiva ad un concetto più esteso del termine. Sì, dobbiamo ricostruire l’Italia, a partire anche da noi stessi.

E noi stesse, eh. Proprio perché era sempre il Presidente a parlare, quello che ha appena dato onorificenze a 21 donne su 36 premiati, abbiamo anche immediatamente interpretato questo termine totalmente inclusivo rispetto anche a noi donne. Per questo da stamattina le chat e i social si sbizzarriscono nel declinare questo nuovo significato della parola, fino a indicare il 2021 come “l’anno delle costruttrici”, coniato dalla nostra amica Daniela Carlà di NoiReteDonne.

Siamo però tutti così disabituati/e a costruire che abbiamo perso le coordinate e i connotati di cosa significhi veramente. Finché si tratta di fare gettate di cemento, certo, è facile: la casa o si costruisce o non è.

Ben più difficile è definire “costruire” nel caso delle persone, delle procedure, della pubblica amministrazione, del sistema economico.

Cosa vuol dire ri-costruire la giustizia? La scuola? Il sistema sanitario? Un sistema economico sostenibile? E’ un po’ più complicato, in questo caso, e va ben oltre l’acquisto degli arredi o delle attrezzature, perché si tratta di edificare la struttura portante del capitale umano che dovrebbe sostenere il paese nei prossimi anni. Un capitale umano che, lo do per scontato, deve essere composto per metà da donne e per metà dagli uomini.

Ci vuole, insomma, una nuova classe dirigente, semidirigente, funzionaria ed esecutiva (quindi, praticamente, tutti noi):

1) che conosca bene il proprio mestiere,

2) che abbia le caratteristiche psicologiche proprie dei costruttori/trici,

3) alla quale venga dato effettivamente il potere della costruzione.

Vediamo queste tre condizioni indispensabili (che parrebbero banali, ma qui tocca ripartire dalle istruzioni for dummies, evidentemente, dato lo stato/Stato nel quale ci troviamo).

1. Cosa significa veramente conoscere il proprio mestiere

Si tratta di anni di esperienza e di studio. Punto. Non si scappa da questo. Che si tratti di ingegneria, economia, organizzazione, selezione, ecc, ogni mestiere ha bisogno di essere esercitato, praticato e approfondito per anni per poter essere padroneggiato. Certo, esistono sempre i geni, ma non sono i due che ti possono capitare in un secolo a costruire un paese, bensì migliaia, ripetiamo, migliaia, di persone capaci che si applicano ogni giorno usando la tecnica di un mestiere appreso in anni di studio e pratica. All’inizio infatti si imparano le regole, poi le si applicano e solo dopo anni di impegno si è capaci di costruirne di nuove, più efficaci ed efficienti, proprio perché si conoscono nei minimi dettagli i limiti delle vecchie. Questo vale per ogni mestiere. Quindi raccomandati, mezze tacche, figli di, che non hanno anni ed anni ed anni di esperienza alle spalle non saranno mai costruttori/trici. Non lo saranno mai neanche persone eccellenti in un campo che vengono messe a costruire in un altro del quale non sanno niente. La capacità, per esprimersi appieno nella costruzione, ha bisogno di esperienza.

2. Le caratteristiche psicologiche dei costruttori/trici

Quelli che conoscono il proprio mestiere bene di solito hanno un carattere ben preciso, quale che sia il loro campo: si riconoscono subito e non c’è bisogno di sofisticate selezioni. Hanno una passione viscerale per quello che fanno, altrimenti non avrebbero resistito in così tanti anni di studio. Il lavoro ben fatto rappresenta quindi un tratto identitario per il quale sono disposti a tutto purché sia fatto come dicono loro. La costruzione viene prima del suo creatore/trice e ne rappresenta l’ambizione più alta, il risultato più ambito. Proprio per questo il costruttore/trice è onesto in maniera radicale: se per caso fa un errore si autodenuncia pubblicamente e si autoflagella inconsolabile, se incontra un altro contruttore/trice bravo come lui/lei sviluppa un amore incontrastato, se ne trova uno/a più bravo/a raggiunge le vette della venerazione. La competizione la sfoga infatti non sulle persone ma sulla propria creazione, che deve essere la migliore possibile, ed è grato/a a chiunque possa aiutarlo/a a renderla migliore. Se il costruttore/trice ha dei sottoposti, si avvia poi un processo di selezione naturale: se i sottoposti non hanno quello stesso fuoco di fare bene si scatenano dinamiche conflittuali e prima o poi si allontanano, se invece sono anch’essi della stessa pasta, di solito si producono dinamiche di ammirazione e stima che sfiorano la beatificazione filiale. In fondo, se vogliamo, la costruzione riferita alle persone ha molto a che vedere con il processo generativo della maternità (in senso simbolico, eh, come abbiamo provato a dire qui parlando di leadership materna).

Quindi i/le narcisti/e che mettono al primo posto la propria affermazione/visibilità non sono costruttori/trici. Magari bravi/e, bravissimi/e, in gamba, eh, ma l’oggetto della loro costruzione è solo quello della propria carriera.

Capirete che in questi ultimi decenni i/le reali costruttori/trici hanno avuto una vita difficilissima, in un paese deciso a decadere e a picconare tutto, e che proprio per questo ha premiato con crudele sistematicità chiunque obbedisse mansueto/a a questa cupio dissolvi collettiva.

C’è dunque una semplice regola per individuare i costruttori/trici: abitualmente non godono dei favori mediatici, sono gli ex secchioni primi della classe, magari adorati dal pubblico, siano essi studenti, lettrici, sottoposti ecc, ma mal sopportati da una classe dirigente mediocre e opaca che è stata messa lì proprio per tenere tutto bloccato. Quindi sono socialmente bollati/e da anni come poveri sfigati che non sanno fare carriera, perché pensano sempre e solo a lavorare e a costruire cose delle quali poi qualcun altro si prenderà il merito, ma solo nella misura necessaria per salvare l’apparenza di aver fatto qualcosa.

3. Come dare ai costruttori/trici il potere della costruzione?

Punto dolentissimo sul quale non abbiamo grandi soluzioni. Si tratta infatti di far diventare di moda una tipologia umana, sia maschile che femminile, che da tempo la nostra società considera dei fragili dementi e che sistematicamente bidona.

Oh i costruttori/trici non sono fessi, eh, in questi anni hanno trovato vie alternative per sopravvivere: chi ha potuto e voluto è andato all’estero, chi è rimasto si è mimetizzato in qualche bolla dove ha potuto costruire in scala minore e nell’ombra, cercando di non farsi notare. Un tratto fondamentale dei costruttori/trici è infatti dato da una onestà ontologica che non si piega di fronte a nessuna dinamica corruttiva, irregolare, maramalda, o anche solo cialtrona, perché, per definizione una buona costruzione si può ergere solo su solide fondamenta, che devono essere anche morali per essere tali (vedere il Ponte Morandi per approfondimenti).

E qui si prospetta dunque la sfida delle sfide per il nostro paese: non solo dobbiamo far diventare i costruttori/trici di moda, ma dobbiamo dare loro anche il potere di costruire in modo onesto, trasparente e, soprattutto, morale.

Potere vero, quindi.

Quello capace di far saltare appalti, accordi e contratti con i soliti noti in nome della qualità del prodotto o del servizio. Quello determinato a escludere dipendenti inetti, malfidati, corrotti, approfittatori, anche se sono protetti in vario modo, ordine e grado.

In questi anni abbiamo conosciuto costruttori/trici che, per una qualche falla del sistema, o per propria capacità di mimetizzarsi, sono riusciti ad avere un piccolo potere di fare. Non appena lo hanno esercitato a loro modo, con rigore e serietà, sono stati immediatamente troncati, silurati, bruciati, spesso con azioni dimostrative che impedissero ad altri di provarci di nuovo.

Insomma, le persone giuste ci sarebbero già, per la ricostruzione, ci manca “solo” il sistema. Giusto un filo.

Quindi che succederà ora?

La frase del Presidente Mattarella ha scoperto una pressione crescente che stiamo avvertendo tutte/i rispetto alla necessità di ri-costruire il paese, e dunque di metterci necessariamente persone capaci di farlo. Una spinta che anche la UE, che ci presterà una montagna di soldi, sta facendo, preoccupatissima che possiamo buttare i soldi dalla finestra e non essere in grado di restituirli (chissà come le sarà venuta questa idea, in fondo abbiamo solo 2.587 milliardi di debito pubblico).

Non abbiamo per ora  l’impressione di esserci già arrivati, al punto del ricambio della classe dirigente del quale abbiamo bisogno, quella della (ri)costruzione. Troppi interessi economici radicati stanno puntando i piedi, mentre le forze sociali sono ancora troppo fragili e disorganizzate per produrre la spinta definitiva. Ma non disperiamo.

Un qualche timido segnale di cambiamento c’è, e qualcosa per forza dovrà succedere, anche se potrebbe risolversi solo in un’operazione trasformista di maquillage dei soliti noti che faranno “finta di”.

Nel caso, saranno guai, dal momento che chi ci ha portato fino a dove stiamo ora ha già abbondamentemte dimostrato di non essere capace di portarci altrove.

Lo scopriremo comunque presto nei prossimi mesi.

Certo è che, se mai arrivasse il tempo dei costruttori/trici veramente al potere, state sicuri che questo paese cambierebbe davvero faccia e anima e non ci terrebbe più nessuno.

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Fonte foto: https://www.quirinale.it/elementi/51466