Se pensavate che l’ondata del #Metoo si sia arenata, beh, vi siete sbagliat*.
Negli USA in occasione della campagna elettorale per le presidenziali del 2020, Tarana Burke, l’attivista contro la violenza di genere che di fatto ha lanciato il MeToo prima che diventasse un hashtag, ha rilanciato con #MeTooVoter, per evidenziare che le vittime di violenza votano, e che quindi fanno attenzione a come e se si parla di violenza di genere. #MeTooVoter esprime quindi la volontà di mettere al centro del dibattito politico la violenza e la necessità di adottare politiche che supportino le vittime.
Intanto, dall’altra parte del mondo, le tunisine sono arrabbiate e molto, perchè un politico appena eletto al Parlamento, Zouheir Makhlou, è stato accusato di molestie da una studentessa diciannovenne. Il politico si difende, sostenenedo che se era in macchina con i pantaloni abbassati era per via di problemi di salute che rendono necessario urinare molto spesso.
Comunque sia, una volta che il fatto è stato reso noto sui social, è nato l’ashtag #EnaZeda, che nel dialetto tunisino significa #MeToo. Da li’ c’è stata un’ondata di condivisioni di esperienze di molestie e abusi da parte di moltissime donne tunisine.
La Tunisia è uno dei paesi, come riportato dal NY times, tra i più avanzati nel mondo arabo per quanto riguarda i diritti delle donne: esiste dal 2017 una legge contro la violenza sulle donne che prevede che una volta fatta denuncia, anche se la vittima cambia idea, il procedimento contro l’assalitore continui. Tuttavia, il fatto che ci sia una legge non garantisce automaticamente che le vittime possano fruirne.
Spesso il timore di intaccare legami familiari è un fattore che trattiene molte dal fare denuncia e in molti casi la polizia dissuade le vittime stesse dal denunciare. Quindi in Tunisia si stima nel 97% dei casi le vittime non denuncino chi le molesta o il molestatore non venga comunque punito.
Fonte: Tunisia’s #MeToo Started Outside a High School. Will It End in Court?