La cronica mancanza di tempo delle donne è anche colpa del Covid, che ha contribuito con il lavoro – e spesso la scuola – da casa non solo ad un aumento del lavoro domestico e di cura non pagato, ma anche ad un’ ulteriore frammentazione del tempo a disposizione delle donne. Un sondaggio di Eurobarometro evidenzia che il 38% delle donne intervistate ha affermato che la pandemia ha ridotto il loro reddito, il 44% che ha influenzato l’equilibrio tra lavoro e vita privata e, per il 21%, la quantità di tempo dedicata al lavoro retribuito. Non solo, le donne tendono, quando lavorano da casa, ad essere maggiormente interrotte da figl*, rispetto agli uomini.
Il flusso di tempo ininterrotto che permette di lavorare bene o di impegnarsi in attività creative di varia natura è per le donne da sempre un lusso. Durante il lockdown giravano i commenti su come Isaac Newton avesse usato bene il suo tempo quando, per via della peste, si era dovuto chiudere in casa. Il Washington Post sottolineava: “Avere tempo per meditare e sperimentare…ha cambiato la vita di Newton”. Certo, ci possono essere stati effetti positivi per il rallentamento del ritmo di vita durante i lockdown, ma probabilmente Newton non aveva da pulire la casa, da cucinare, stare dietro a bambin* o persone anziane, da preoccuparsi di perdere il lavoro e soprattutto non doveva fare homeschooling: se Newton avesse dovuto far imparare le divisioni a mia figlia durante il lockdown, si sarebbe dato alla poesia.
La mancanza di tempo ci ha, nel corso della storia, private di scrittrici, scienziate, di un patrimonio immenso di talenti delle donne. Ma poi, anche se non si è destinate alla gloria, si ha diritto ad avere tempo, fosse anche per sprecarlo. Mentre invece spesso avere tempo è un qualcosa a cui le donne non pensano di avere diritto, se non dopo essersi occupate di tutto il resto, vale a dire degli altri e della casa. E questo non perchè “sono fatte così”, ma per condizionamenti sociali profondi. Secondo il rapporto ISTAT “I tempi della vita quotidiana” il 54% degli uomini è molto o abbastanza d’accordo con l’affermazione che “per la famiglia è meglio che l’uomo si dedichi prevalentemente alle necessità economiche e la donna alla cura della casa” ma, altro lato dolente della medaglia, in generale le donne in Italia sono d’accordo con questa affermazione.
La “povertà di tempo” è anche un problema di diritti umani, che ha importanti conseguenze: per esempio, uno studio statunitense ha rilevato che il 24% delle donne americane ha riferito di ritardare cure sanitarie per mancanza di tempo e in Sud Africa il carico di compiti relativi al lavoro domestico e di cura non pagato comportano un minore ricorso a cure prenatali.
Meno tempo significa anche meno tempo a disposizione per il lavoro pagato, cosa che ha un effetto negativo sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro; secondo la.voce info in Italia “Il 17% del totale degli inattivi per la classe 15-64 anni dichiara di esserlo per motivi familiari; il 95%di queste persone sono donne.”
Infine, una riflessione: parlando di tempo, la dicotomia lavoro/famiglia, è molto limitata, alla fine si rifà all’esigenza di essere produttiv*, in un contesto o nell’altro. Certo si può trarre soddisfazione e piacere da un lavoro e dalla famiglia, ma rivendichiamo, soprattutto per le donne, il diritto all’ozio, al piacere puro, a riscattare del tempo per non fare nulla di utile nè per il lavoro nè per la famiglia, ma solo per se stess*.
Immagine: Malvestida su Unsplash