A volte anche noi Ladies andiamo al cinema e questa volta ho visto Harriet, un film appena uscito che racconta la vita di una donna, Harriet Tubman, “larger than life” come si dice qui negli Stati Uniti. Nata schiava intorno al 1922, la Tubman è stata un’importante conduttrice dell’Undeground Railroad, nonchè abolizionista e attivista per il suffragio femminile.
La visione del film in una serata nevosa e ghiacciata mi ha fatto un gran bene: di questi tempi in cui è facile sentirsi un pelo demotivate ed impotenti di fronte a cosucce come il riscaldamento globale e il rischio di estinzione, il populismo e il lentissimo cammino verso pari diritti per uomini e donne, Harriet un po’ risolleva, e non solo per la bellezza del film e l’interpretazione di Cynthia Erivo e di Janelle Monáe; se una donna afroamericana da sola è riuscita a liberarsi dalla schiavitù, percorrendo miglia e miglia inseguita da cacciatori di schiavi, ha liberato 70 schiavi e gran parte della sua famiglia, ha combattuto per l’abolizione della schiavitù, ha servito durante la Guerra Civile, e ha combattuto poi per il diritto di voto alle donne, qualcosina la possiamo fare pure noi per cambiare il mondo.
Purtroppo però la straordinarietà del coraggio di Harriet Tubman stride con la scelta codarda, apparentemente dettata da motivi tecnici, in realtà da motivi politici, di rimandare l’emissione di una banconota da 20 dollari con il viso di Harriet Tubman per il 2020, anno in cui ricorre il centenario del diritto di voto per le donne (bianche) americane. Dovremo aspettare il 2026, si spera con una amministrazione meno terrificante dell’attuale; la storia di Harriet Tubman ha un potere che andrà ben oltre il 2026, o qualunque altra data in cui politici e tecnici – prevalentemente uomini e bianchi – decideranno di riconoscere la sua statura ed il suo ruolo nella storia degli USA.
Tuttavia, Harriet, secondo parte dell’audience afroamericana, ha delle pecche importanti, tanto che alcuni invitano a boicottare il film: la protagonista è un’attrice di colore britannica e non afroamericana, nel film c’è un cacciatore di schiavi di colore – aspetto che per alcuni non è accurato dal punto di vista storico- e un momento del film pare aderire alla retorica del “white savior” (salvatore bianco). Al di là di tutto, in un panorama mediatico in cui la maggioranza dei protagonisti e protagoniste di film sono persone bianche, Harriet è un bel passo avanti verso una rappresentazione più equilibrata e inclusiva.