E come ogni anno, eccoci di nuovo qui: ai primi di dicembre cominciamo tutti a fare previsioni sul futuro. Non solo previsioni farlocche, come il nostro imminente Oroscopo femminista (tenetevi pronte!) ma anche previsioni serie sull’economia, come ad esempio il recente Outlook dell’OECD per l’Italia.
Quali sono quindi le previsioni per l’economia delle donne nel 2024?
A leggere le previsioni macroeconomiche, è dura capirlo:
Che c’entrano le donne con le stime del PIL e degli investimenti le analisi dei consumi e del deficit e debito pubblico, l’andamento degli interessi e dell’inflazione?
Parecchio. Questi numeri ci riguardano eccome, perché ci stiamo pure noi donne assieme agli uomini nell’ultimo anello della catena economico-finanziaria che questi numeri descrivono, in quanto anche noi siamo contribuenti, lavoratrici, consumatrici, investitrici, pensionate ecc.
Certo, ci vogliono degli occhiali particolari per vederci protagoniste di questi numeri, ma se vogliamo essere padrone del nostro destino, individuale e collettivo, meglio imparare ad aguzzare la vista.
Il PIL delle donne:
Le donne lavorano da sempre come delle matte, con carichi di lavoro, retribuito e gratuito, spaventoso in termini di ore giornaliere. Quindi anche noi produciamo PIL attraverso il nostro lavoro. Una ricerca del 2017 aveva stimato nel 41,1% il contributo delle italiane al PIL nostrano, mentre le imprenditrici contribuirebbero per il 21% del PIL. A livello mondiale pare che il PIL prodotto dalle donne possa arrivare al 37%.
E qui stiamo parlando solo del PIL “in chiaro”, cioè quello che viene contabilizzato monetariamente rispetto al lavoro pagato delle donne.
Se si aggiunge il PIL nascosto, cioè il valore economico del lavoro di cura e familiare non pagato che le donne fanno molto più degli uomini, il PIL realmente prodotto dalle donne diventa enorme. A livello globale, se si conteggiasse anche questa parte nascosta si salirebbe dal 37% al 60% di PIL
Cosa succederà quindi al “nostro” PIL nel 2024?
Secondo l’OECD, il PIL dell’Italia rallenterà allo 0,7% nel 2024 e solo nel 2025 aumenterà dello 1,2%. Insomma, un brodino tiepido. Niente crescita, ferme lì. Questo, considerati i 2.844 miliardi di debito pubblico, ci rende un paese fragile esposto ad ogni vento. Dovremmo infatti produrre molto più PIL per rendere il nostro debito pubblico sostenibile. Quindi, appesi ad un filo come sempre. Nessuna tragedia, pare, ma il salto di qualità necessario per la parità di genere lo dobbiamo rimandare.
Gli investimenti per le donne
Nell’economia “ufficiale”, gli investimenti sono, assieme ai consumi, la benzina che fa aumentare il PIL e girare la ruota del benessere. Si parla di investimenti del sistema produttivo e di investimenti pubblici (pagati anche con le nostre tasse, quindi con il nostro lavoro, oppure pagati a debito, e quindi con le tasse e il lavoro delle future generazioni anche di donne).
Esistendo una fortissima segregazione orizzontale (cioè le donne e gli uomini lavorano in settori economici molto diversi), investire nelle costruzioni, dove le donne sono il 7,6% degli occupati, o investire nel welfare e nella cura, dove invece le donne sono il 72,5% ha un impatto completamente diverso.
Gli investimenti non sono tutti uguali e indifferenti per le donne.
Uno studio del Women’s Budget Group, che non ci stancheremo mai di citare, ha simulato il diverso impatto occupazionale nell’investire il 2% del PIL in questi due settori. Il settore della cura generebbe nel nostro paese 945.655 posti di lavoro, con un aumento totale dell’occupazione del 2,4%mentre investendo la stessa cifra nelle costruzioni si produrrebbero 620.573 posti di lavoro con un aumento dell’occupazione totale molto inferiore, dell’1,6%. Quindi investire nei settori economici della cura produce molta più occupazione per tutti, ma migliora soprattutto quella femminile: in questa ipotesi il tasso di occupazione femminile aumenterebbe del 3,3% contro lo 0,7% dovuto ad un investimento nelle costruzioni.
Per il 2024, le previsioni dell’OECD per gli investimenti pubblici in Italia ripongono grandi speranze per la crescita del paese nell’impatto del nostro Recovery Fund, sia per il 2024 che per il 2025.
Non è tanto un bene per le donne, questo. Questa mole gigantesca di investimenti (191,5 miliardi in 6 anni) andrà infatti in gran parte a beneficio degli uomini, dal momento che si tratta in gran parte di investimenti in infrastrutture, tutti settori economici nei quali lavorano soprattutto gli uomini. Insomma, noi non ne avremo grandi opportunità o vantaggi diretti, come abbiamo già scritto in diverse occasioni, e come altri studi di valutazione di genere del PNRR italiano hanno già ampiamente dimostrato. Lo stesso MEF ha stimato che “.. il Piano interessa settori di attività caratterizzati da una prevalenza di lavoratori di sesso maschile (secondo i dati del 2019) per circa il 79,8% delle risorse, mentre i settori a prevale la quota di occupazione femminile riferita a poco più del 18% delle risorse ”.
Il lavoro retribuito e le retribuzioni delle donne.
Se il PIL langue e tutte le speranze di timida crescita sono riposte nel Recovery fund, ci sarà sì una ripresa dell’occupazione in generale, ma, al solito, una occupazione malpagata e fragile.
Le donne? Ca va cans dire, se la dovranno arrangiare. Anche secondo l’opinione dell’OECD, lo striminzito aumento occupazionale sarà infatti spinto soprattutto dal Recovery fund, e quindi saranno soprattutto gli uomini a trovare lavoro. Le donne potranno invece trovare lavoretti nel turismo, settore in crescita soprattutto per gli stranieri ricchi. Questo minimo progresso sarà però assorbito dalla contrazione di tutti gli altri settori nei quali la presenza femminile è prevalente. La sanità, l’istruzione, il sociale in forte sofferenza a causa di una spesa pubblica in discesa, patiranno anche dal punto di vista occupazionale femminile, così come la riduzione dei consumi si rifletterà su meno posti di lavoro anche per le donne nel commercio.
Non ci credete? Beh, sta già succedendo: è già da alcuni mesi che gli uomini trovano più posti di lavoro delle donne, il doppio solo a ottobre 2023. Le premesse per il 2024 ci dicono che non ci saranno motivi per invertire il trend.
Il debito pubblico, l’austerity di fatto e i tagli alla spesa pubblica
Secondo l’OECD:”Il rapporto debito/Pil è elevato e vi sono notevoli pressioni sulla spesa derivanti dalle esigenze di investimento e dai costi legati all’invecchiamento della popolazione, che aumenteranno di circa il 2,5% del Pil nel periodo 2023-2040. Sarà necessario un aggiustamento fiscale duraturo nel corso di un certo numero di anni per riportare il rapporto debito/PIL su un percorso più prudente, far fronte ai costi futuri e conformarsi alle norme fiscali proposte dall’UE. Ciò dovrebbe includere azioni decisive per contrastare l’evasione fiscale, limitare la crescita della spesa pensionistica e revisioni ambiziose della spesa”
Non vi suona qualche campanellina? A noi sì. Sul fatto che la nostra spesa pubblica sia un colabrodo di inefficienza, incapacità e malaffare, e che il nostro sistema pensionistico ci stia stritolando, siamo tutti d’accordo. Non siamo invece tanto di buonumore quando capiamo che il costo della spending review verrà fatto pagare a noi, in termini di tagli ai servizi pubblici e riduzione di quel welfare che più supporta le donne. La nuova manovra finanziaria, ad esempio, ha penalizzato le donne lavoratrici che fanno le caregiver familiari, mentre i continui ritocchi alle pensioni delle donne sono sempre e solo in discesa.
La mancanza di personale sanitario, che è soprattutto femminile, è solo la punta dell’iceberg di una sanità pubblica in pieno smantellamento. Non si tratta solo di cura sanitaria, ma anche di una montagna di cura familiare in più, legata alla salute, della quale le donne dovranno farsi carico.
Il costo nascosto che le donne quindi pagheranno anche nel 2024 per la montagna di debito pubblico che ci ritroviamo sarà ancora gigantesco, e ancora una volta non ce ne accorgeremo. Sarà una austerity di fatto che ci obbligherà non solo a tappare ogni carenza dello stato nei servizi legati al benessere delle persone, ma non avremo neanche accesso a quelle opportunità di crescita personale e professionale che solo uno stato efficiente può offrire alle donne.
Potremmo andare avanti, e farvi una lettura di genere di ogni indicatore economico e finanziario,
ma sarebbe un esercizio sfinente da vere Nerd, quali siamo, e che vi risparmiamo. Ci pare che a questo punto il concetto sia chiaro: per noi donne, nel 2024, non cambierà molto, e se cambierà sarà in peggio. Soprattutto, ce la dovremo arrangiare ancora una volta da sole. Cosa possiamo dire di fronte a questi numeri? La tentazione di arrendersi é forte. Però abbiamo tutte abbastanza vita alle spalle da sapere che
le difficoltà, se affrontate con lo spirito costruttivo e una buona dose di positività, possono anche farci crescere e insegnare qualcosa di noi.
Certo, lo capiamo dopo un po’ di tempo: quando ci siamo in mezzo vediamo solo il cielo coperto. È qui che però possiamo svoltare: se il sole non ci riscalda e non ci illumina più, dobbiamo farci coraggio e diventare noi il nostro sole. Più facile a dirsi che a farsi, siamo state educate sin dal primo giorno ad aspettare qualcuno che ci venga a salvare, non tutte hanno la forza o la possibilità dell’intraprendenza. Però alle volte basta davvero poco, magari cominciando da piccoli cambiamenti: prenderci più cura di noi stesse, fare sport o mangiare sano, meditare, frequentare una nuova associazione, sentire di più le amiche, imparare qualcosa di nuovo, anche gratis e online, se non ci sono i soldi. L’importante é far girare e risplendere il nostro microscopico sole, e metterlo in relazione con tutti gli altri.
Avere una dimensione di rete, mettersi in connessione con la collettività
è infatti indispensabile per affrontare problemi generali che ci riguardano tutte, e questo lo sappiamo. Ma é anche un modo per sprigionare tutte assieme una luce abbagliante. Si, ci sarà da lavorare duro, ma potrebbe essere anche un anno entusiasmante.
Dipende solo da noi.
Foto di Karsten Winegeart su Unsplash