Si festeggia oggi, 11 febbraio 2020, la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, indetta dalle Agenzie Onu UNWomen e UNESCO.
Potremmo chiudere subito il discorso dicendo quante poche sono le scienziate donne, soprattutto in Italia, e a quale vita ingrata sono condannate, ma ci piace invece ragionare su quanto queste donne fanno bene alla ricerca e a noi tutti/e. Forse qualcosa di più: una delle loro scoperte ci potrebbe infatti un giorno salvare la vita, ammesso che non l’abbia già fatto.
Intanto, i numeri: secondo l’Eurostat, in Europa (Eurostat, 2018) ci sono circa 15 milioni di scienziati ed ingegneri, dei quali il 59% sono uomini, il 41 % donne.
Gli uomini sono concentrati soprattutto nella manifattura (79%), le donne invece sono un po’ più presenti nel settore dei servizi (46%). Anche in Europa non si è quindi raggiunta la parità, ma, tanto per cambiare, di tutti paesi della UE i dati relativi all’Italia sono tra i peggiori: a fronte della media UE del 41%, infatti, in Italia le donne arrivano appena al 34,1% (in Italia ci sono infatti 381 mila donne scienziate e 734 mila uomini scienziati). Se vogliamo autocommiserarci un po’ di più basti ricordare che la Lituania arriva al 57%.
Le difficoltà delle donne a diventare scienziate, oramai lo sappiamo, iniziano molto presto, soprattutto in Italia. Precisamente sin da quando ci mollano in mano una bambolina vestita di rosa e borotalcosa che non ci porta tanto ad interrogarci sulle meraviglie della natura, dei numeri o del corpo umano. Se le neuroscienze dicono che non c’è differenza tra il cervello maschile e femminile rispetto alle possibilità di fare scienza, è invece l’ambiente nel quale cresciamo a fare la differenza, dove abbondano i famosi stereotipi di genere che tanto ci ossessionano tutte ma che per una aspirante scienziata diventano ancora più condizionanti: ….e i numeri non sono ancora cosa di donna .. e la vita da scienziata è contro ogni idea di mamma mulino-bianco ecc. E’ così che, giorno dopo giorno, le ragazzine sono tenute sempre più lontane da tutto quello che potrebbe avere a che fare con la scienza. Benvenute quindi tutte quelle iniziative che si stanno moltiplicando in questi anni che cercano di avvicinare le ragazze alle materie Stem e ad invogliarle a percorsi di studio di carattere scientifico.
Ammesso che ci caschino e che scelgano un percorso di studi nelle materie STEM, una volta laureate le nostre eroine sono però poi condannate ad un percorso con gli ostacoli posti sempre un po’ più in alto rispetto ai loro colleghi uomini: sono pagate di meno, hanno più difficoltà a farsi pubblicare gli articoli sulle riviste internazionali, devono attendere un’eternità per la carriera accademica. Ammesso che resistano all’ambientino, hanno inoltre meno probabilità di ottenere fondi per la ricerca se sono capoprogetto, e se vogliono formarsi una famiglia beh.. che se l’arrangino.
E loro certo non mollano, si sa che sono toste, anche se il contesto ostile suggerisce di volare molto basso: uno studio ha dimostrato, ad esempio, che le donne scienziato usano un linguaggio meno autocelebrativo per parlare delle proprie ricerche dei colleghi uomini. Sì, insomma, se la tirano di meno. Non sappiamo se per modestia naturale o perché hanno capito l’antifona che se vogliono sopravvivere meglio mimetizzarsi.
Fin qui, diremmo, niente di nuovo.
Ma forse, giusto perché è una giornata di festa, possiamo allargare un attimo lo sguardo e valutare se avere più donne scienziate possa apportare un valore aggiunto al sistema (spoiler: si che lo apporta, eccome).
Vediamo quindi i vantaggi di avere più donne scienziate.
Non si perdono talenti preziosi e insostituibili.
Basti ricordare le tre ricercatrici che pochi giorni fa hanno sequenziato il genoma del Coronavirus. Una scoperta a vantaggio di tutti, donne e uomini. E se avessero fatto un altro mestiere più “tradizionale” ? Siete così sicuri che altri colleghi uomini sarebbero stati altrettanto bravi? Non lo possiamo sapere, però intanto queste tre le abbiamo e ce le dobbiamo tenere ben strette. Così come possiamo rivolgere un pensiero grato a Marie Curie ogni volta che facciamo una lastra e ringraziare che non abbia preferito fare chessò, la cuoca. E ora il domandone: quante altre scienziate che ci potrebbero salvare la vita ci stiamo perdendo per strada a forza di scoraggiarle e di mettere loro l’asticella sempre più in alto?
La scienza si arricchisce di una prospettiva differente.
E’ il valore della famosa diversity che non vale solo per la gestione delle risorse umane per le aziende ma anche per la scienza. Le donne e gli uomini sanno fare le stesse cose perché il loro cervello è simile, ma la diversità del loro corpo, la diversa esperienza di vita rispetto alla procreazione le rendono soggetti con differenti prospettive. Questo mette le donne scienziate in grado di guardare ad un problema e di risolverlo con percorsi alternativi e innovativi differenti da quelli dei loro colleghi uomini. Si tratta di una diversità che è anche una ricchezza per tutti, dal momento che è quella che può fare la differenza. Certo, tutti gli architetti e le architette sanno costruire palazzi e grattacieli, ma guardate le meravigliose opere di Zaha Hadid e poi ditemi se le avrebbe potute progettare un uomo.
La ricerca fatta dalle donne scienziate è più efficace e accurata perché coinvolge anche le donne
Uno dei problemi dei team di ricerca senza diversity, prevalentemente composti da “maschi bianchi” è che ogni tanto si “dimenticano” di chi non è come loro: è questo il caso ad esempio delle medicine che non sono sperimentate sulle donne, e che quindi hanno i dosaggi tarati su corporature adulte di uomini, o delle cinture di sicurezza e degli airbag, che all’inizio hanno provocato la morte di donne e bambini perché i manichini dei test di prova riproducevano solo uomini adulti.
La scienza assume priorità e valori differenti:
La scienza impone ogni giorni dilemmi bioetici, proprio perché si porta sempre ai limiti della conoscenza dell’uomo e della natura. Le donne, grazie al loro differente vissuto, molto spesso hanno una prospettiva differente perché seguono dei principi e dei valori diversi, più attenti alla dimensione umana e alle ricadute sociali.
Il bisogno di rivedere i principi e i valori della scienza sta inoltre diventando oggi sempre più urgente di fronte alle sfide scientifiche che spingono il limite sempre più oltre: basti pensare agli Ogm, alla clonazione umana, per non parlare dei dilemmi etici posti da una intelligenza artificiale sempre più antropomorfa e invasiva. Avere più donne in questi campi potrebbe portare dei benefici in termini bioetici. Casualmente infatti gli scienziati impegnati in questa branca della scienza sono soprattutto uomini bianchi, un po’ tanto Nerd se proprio vogliamo andare per il sottile, e un po’ troppo affetti dal delirio di onnipotenza tecnocratica.
Ma vabbè, questa è proprio una casualità, eh.