E alla fine tutto rimandato a settembre. In questo stillicidio che è diventato oramai il percorso istituzionale del DDL Pillon sull’affido condiviso, la prevista discussione alla Commissione Giustizia del Senato, che tanto ha messo in fibrillazione la comunità dell’associazionismo femminile, si terrà in autunno, e allora si ricomincerà con le barricate.
Perché il DDL Pillon sia un abominio per le donne e i bambini è già stato detto in lungo e in largo, in ogni modo, in ogni occasione e forma da ogni esperto/a impegnato/a su questo tema. Non aggiungeremo niente di più, se non rimandandovi ad alcuni dei contributi più precisi e puntuali che potete trovare qui oppure qui
Di tutta questa vicenda, però, un aspetto che non è ancora stato messo nella dovuta evidenza riguarda
l’assoluto spregio del contributo che esperti/e, ricercatori/trici, operatori/trici del settore, attivi/e spesso da decenni in questo campo, hanno offerto per il DDL Pillon ai decisori politici in ogni sede, istituzionale e mediatica che hanno trovato.
Un contributo che è stato netto e inequivoco nel giudicare nel modo peggiore possibile questo DDL, al punto da non ritenerlo emendabile ma solo cestinabile. Ma tant’è, il percorso del DDL Pillon nei meandri parlamentari proseguirà imperterrito, magari un po’ rivisto e annacquato.
Non è la prima volta che il parere degli/delle esperti/e viene scacciato via come una mosca fastidiosa dalla spalla. Lo abbiamo già visto all’opera nell’approvazione del Codice Rosso, ma anche in molti altri settori, dalla questione no-vax fino al terrapiattismo e alle scie chimiche, tanto per citare le esperienze più pittoresche e paradossali.
Viene allora il lievissimo, ma proprio lievissimo dubbio, che questa nuova “moda” sia il combinato disposto di una buona dose di demagogia e di sensazionalismo che sdegna ogni rapporto con la realtà, accompagnato da una discreta dose di malafede, ideologia distorta, senza farci mancare le solite lobby di interessi, vedete voi in che dosi.
Ascoltare gli/le esperti/e significa infatti entrare in contatto con il mondo reale,
mettere alla prova dei fatti le proprie idee ed opinioni, essere pronti a modificarle di fronte alla prova dell’evidenza empirica e dell’esperienza che, potrà anche condurre a qualche decisione sbagliata, ma, statisticamente, se un esperto/a ti dice che qualcosa non funziona, sai già che può solo finire male, molto male.
Questo tema del rifiuto del confronto con la realtà, che porta al disprezzo delle competenze, sembra esploso in quest’ultimo soffertissimo anno, ma è in realtà una tendenza culturale in atto da diverso tempo, e, purtroppo, è progressivamente crescente.
Tra l’altro, non è farina del nostro sacco ma è il prodotto di una tendenza mondiale che vede gli USA come epicentro.
Un libro, “La conoscenza e i suoi nemici – l’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia”
che sto leggendo adesso di un professore americano, Tom Nichols, ne traccia con chiarezza l’evoluzione e la genesi, partendo dal sistematico e strutturale indebolimento del sistema dell’istruzione americano che impedisce la formazione di una intelligenza critica nei cittadini/e, abbassa le soglie di protezione del raziocinio e porta dritti dritti verso una cittadinanza de panza e di rifiuto della realtà, con conseguente scempio del parere dei/delle competenti. Vi ricorda niente rispetto a quello che sta succedendo qui da noi?
Fosse solo una questione di prestigio degli/delle esperti/e, però, il discorso potrebbe fermarsi qui.
Il problema è invece ben più grave.
Vi è infatti un legame diretto tra il declino della competenza e del ruolo degli/delle esperti/e e il sistematico attacco al sistema democratico e soprattutto ai diritti delle donne e delle minoranze alle quali stiamo assistendo in questi mesi.
Gli esperti/e rappresentano infatti il tramite per mettere in contatto il riconoscimento del reale con il riconoscimento dei diritti.
I diritti, tutti i diritti, di qualsiasi tipo, possono infatti affermarsi solo dopo essere passati attraverso il vaglio della realtà, superando gli stereotipi e le norme sociali imposti dal sistema patriarcale che ne impediscono la visione. L’esperto/a è infatti quello/a che, numeri alla mano, ti svela il reale oltre il simbolico e l’immaginario, e a quel punto il salto verso la verità e il diritto è un attimo.
Pensiamo ai diritti più recenti conquistati dalle donne:
- per riconoscere il diritto al voto delle donne è stato necessario prendere atto che il loro ruolo nella società e nell’economia era diventato tale da doverle rendere cittadine a pieno titolo,
- per riconoscere il diritto di aborto è stato necessario acquisire prima la consapevolezza che le donne abortivano in massa comunque e senza alcuna tutela sanitaria,
- per riconoscere il diritto al divorzio e alla separazione si è dovuti passare attraverso una lettura realistica del matrimonio, che in molti, troppi, casi non era quell’eden che l’agiografia tradizionale ci ha venduto per parecchio tempo.
Ma questo vale anche per tutti gli altri diritti:
- per arrivare ai diritti della comunità LGBT si è dovuto prima riconoscere che è una minoranza che, toh, davvero “esiste” nella nostra società e che viene sistematicamente discriminata,
- per riconoscere la cittadinanza ai ragazzi stranieri occorre prendere atto che sono pienamente italiani, inseriti nella nostra società, nelle nostre scuole e tifano per le nostre squadre.
E possiamo andare avanti così per tutti i diritti, fondamentali, storici o nuovi che ci vengono in mente.
E quindi, sì, sappiatelo: ascoltare gli esperti/e, riconoscere le competenze di chi ne sa più di noi significa anche proteggere i diritti, tutelare quelli esistenti e aprire le braccia a quelli nuovi.
Sorprese, vero?
Anche questo fa parte della #lungastradaperlaparità.
Fonte foto: http://www.osservatoremeneghino.info/10/11/2018/manifestazione-contro-il-ddl-pillon/