Continuiamo il nostro ciclo di articoli per approfondire il tema della violenza economica. Dopo aver definito la violenza economica nella prima puntata, vediamo oggi come la povertà può rappresentare un fattore di rischio per la violenza sulle donne e sui bambini/e
Le statistiche a tutti i livelli hanno dimostrato che la violenza contro le donne è un fenomeno talmente diffuso che riguarda persone di tutti i livelli sociali, di istruzione e di reddito. Tuttavia, le analisi confermano anche che la povertà rappresenta per le donne e i bambini un fattore di rischio importante. E’ stato dimostrato infatti che la scarsità di risorse economiche aumenta considerevolmente la probabilità che donne e bambini subiscano violenza, anche se non necessariamente le famiglie povere sono di per sé violente.
La povertà come fattore di rischio di violenza
La povertà incide infatti come fattore di esasperazione e di incentivo a comportamenti violenti o inappropriati i quali, a loro volta, mettono a rischio le possibilità di mantenere o accedere a fonti di reddito, alimentando così un circuito vizioso.
Inoltre, la violenza contro donne e ragazze è una barriera per la lotta alla povertà e rende ancora più ampia la diseguaglianza tra uomini e donne. Per le donne il maggiore rischio di violenza legato alla povertà è certamente legato ad un basso livello di empowerment, minori possibilità occupazionali e accesso alle risorse, che ne minano in molti casi l’autonomia e l’indipendenza, un aspetto, questo, che vien esacerbato ulteriormente nel caso di donne LGBTQ+ e disabili.
In società sessiste,
dove le donne hanno più problemi ad entrare e a rimanere nel mercato del lavoro, di fatto non è possibile separare la violenza domestica dalla dipendenza economica.
Nel Regno Unito una ricerca ha dimostrato che le donne povere hanno il doppio delle probabilità delle altre di subire una qualsiasi forma di violenza interpersonale e di abuso. Il tipo di violenza subito e l’intensità è direttamente collegato al livello di povertà della donna, che nei livelli più critici rappresenta un rischio molto elevato di subire violenze gravi e di diverso tipo nell’arco della loro vita.
In Inghilterra è stato ancora dimostrato come le donne che vivono in famiglie con meno di 10.000£ all’anno abbiano una probabilità tre volte e mezzo maggiore di subire violenza domestica rispetto alle donne che vivono in famiglie dal reddito superiore a 20.000£.
Nel nostro paese, in cui sono 2 milioni 277mila le donne che vivono in povertà, più numerose – in termini assoluti – di minori, giovani e anziani, preoccupa anche la scarsa indipendenza economica delle donne. Ad esempio una ricerca Episteme del 2017, ripresa dal CNEL nel 2019, ha rilevato che in Italia ben tre donne su dieci non sono titolari di conto corrente, mentre quattro su dieci dipendono economicamente dal marito o compagno. Questa tendenza è ancora più marcata nel Sud Italia, dove sono quasi il 50% delle donne a dipendere dal marito/partner.
Inoltre, nel nostro paese, questa asimmetria nel potere economico e dunque di ricattabilità, si trasforma in violenza economica quando nelle relazioni intime e familiari si verifica una
privazione dell’autonomia finanziaria.
A livello più macro, diventano quindi fattori di rischio la disparità salariale e la mancanza opportunità di carriera, la persistenza di stereotipi che marginalizzano il ruolo delle donne, le allontanano dal mondo del lavoro e le spronano ad un ritorno “naturale” al mondo della casa.
Anche le conseguenze socio-economiche della pandemia potrebbero rappresentare un ulteriore fattore di rischio per la violenza economica.
Sappiamo infatti quanto le donne siano state colpite negli ultimi due anni da una maggiore disoccupazione, almeno nel breve periodo, aumentati tassi di disuguaglianza e di povertà.
Queste dinamiche possono avere avuto delle conseguenze ancora più gravi per le donne già vittime di violenza domestica.
Una ricerca condotta nel 2021 in Inghilterra su donne vittime di violenza ha ad esempio rilevato che il 43% di queste è stata ostacolata dal perpetuatore nella propria capacità di lavorare e l’84% ha avuto delle preoccupazioni sul mantenimento economico dei figli. In quattro casi su cinque il perpetuatore di violenza ha cercato di controllare le loro risorse economiche e nel 68% dei casi ci è riuscito. Il 72% delle vittime di violenza ha visto peggiorare la propria situazione finanziaria, per il 39% in modo drastico, per il 33% in modo moderato.
Anche nel caso di accesso ad ammortizzatori sociali o altre misure di welfare, si sono registrati tentativi di controllo delle risorse o di interferenza per il 20% delle vittime.
Occorre infine ricordare che spesso le vittime di violenza fanno affidamento sulla disponibilità di contanti per sfuggire al controllo dei loro abusanti. Per tale motivo, nel 21% dei casi le disposizioni per il pagamento con bancomat o carte di credito promosse durante la pandemia ha avuto un impatto negativo sulla loro sicurezza ed incolumità.
Tutto il dossier sulla violenza economica:
Prima puntata: Conoscere la violenza economica per eliminarla – #8marzosempre
Terza puntata: L’impatto della violenza economica sulle vittime
Quarta puntata: Il costo sociale ed economico della violenza
Quinta puntata: Quanto vale la prevenzione e la cura delle vittime
Sesta puntata: Quattro futuri possibili, solo uno quello giusto.