Non starò a ripetere le
deprimenti statistiche sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro,
sul mobbing, sulle varie difficoltà legate alla conciliazione, sul
divario di genere nei salari , e soprattutto sulle molestie sul lavoro.
Lo sappiamo che i posti di lavoro – ad avercelo, il lavoro – in media non
supportano tanto le donne.
E quindi Mentre al CERN realizzavano l’importanza di piantarla con battute non
gradite sul posto di lavoro, e affiggevano i manifestini
nell’immagine del post (ideati
dall’Universita’ di Ginevra), io leggevo l’articolo di Tiina Likki pubblicato su The Behavioral Scientist “What We Learned By Failing to Make
Work Better for Female Staff”,
ovvero che cosa abbiamo imparato non riuscendo a rendere il lavoro migliore per
lo staff femminile. Al centro della discussione ci sono ovviamente gli
stereotipi di genere che sono duri a morire e che rendono la vita difficile
alle donne, sul posto di lavoro e fuori.
Normalmente, almeno a livello di aziende, una delle soluzioni proposte per
rendere la vita più facile alle impiegate donne e in generale combattere gli
stereotipi, è fare formazione e sensibilizzazione alla diversity, puntando a
promuovere un ambiente lavorativo in cui le diversità siano
valorizzate, e non causa di discriminazioni.
Purtroppo, però, secondo la ricerca condotta dall’autrice le attività di
formazione alla diversity possono risultare poco efficaci a sradicare gli
stereotipi di genere – anche inconsci – che fanno sì che le donne siano
discriminate sul posto di lavoro. Anzi, le attività di formazione sulla
diversità rivolte al management possono risultare controproducenti, dando
l’impressione che una volta fatta la formazione il problema sia risolto.
Far sì che le donne non siano discriminate non dipende “dall’eliminazione degli
stereotipi nelle nostre teste. Invece, secondo l’economista comportamentale
Iris Bohnet, [la soluzione] arriverà dallo sradicamento degli stereotipi e
pregiudizi all’interno dei nostri sistemi; sistemi come l’assunzione e la
selezione [del personale] nelle organizzazioni, o la valutazione degli studenti
nelle scuole”.
Per esempio, riporta l’autrice, il sistema di selezione ed assunzione del
personale è a particolare rischio di discriminazione. Eliminare i pregiudizi
nei sistemi di assunzioni, con app specifiche, o il curriculum anonimo, potrebbe essere una soluzione che permette di evitare
discriminazione di genere (ma non solo) al momento di assumere una persona.
Naturalmente non basta; bisogna andare a caccia di pregiudizi all’interno della
propria organizzazione/azienda, partendo dai dati: quante donne fanno carriera?
Esiste un divario di genere nei salari?
Una recente legge britannica va in questo senso, obbligando aziende con più di 250
dipendenti a dichiarare quanto vengono pagati impiegati donne e uomini.
Si tratta poi di prendere provvedimenti basati sui dati e continuare a
valutare la situazione. E’ un costante work in progress che consente di
diminuire/eliminare discriminazioni legate non solo al genere, ma anche all’età
alla razza, etc.
Ancora più importante – e a questo non siamo abituat* – è sbandierare i
nostri fallimenti: “Possiamo avere un’idea di che cosa veramente funziona per
migliorare la parità di genere se riveliamo quando le iniziative sono andate
male, o sono state un cattivo investimento.”
Ecco, facciamolo!
Come rendere i luoghi di lavoro migliori per le donne: sbagliando
di Federica Gentile | 17 Giugno 2018