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Caso Silvia Romano: come se ne è parlato davvero su Twitter?

di Emma Zavarrone | 21 Maggio 2020

Il caso della liberazione di Silvia Romano ha infervorato i media e l’opinione pubblica negli ultimi giorni attraverso discussioni, commenti e troppo spesso insulti che si sono scatenati sui social, soprattutto su Twitter. E’ interessante quindi osservare come e quanto se ne è parlato su questa piattaforma, dal momento che Twitter ha assunto negli ultimi anni un suo specifico e importante posizionamento nella comunicazione a livello politico istituzionale e nella diffusione di notizie.

In solo otto giorni  (7-15 maggio) sono stati infatti pubblicati in lingua italiana 63.492 tweets che menzionavano Silvia Romano e le forme di hashtag correlate.

Cosa dicevano questi tweet? Sono stati usati toni positivi, neutri, solo negativi o proprio di odio? L’impressione generale è stata che si sia scatenata una vera hate-storm nei confronti di Silvia Romano, ma è bene usare la statistica testuale per comprendere se è vero e cosa è realmente successo.

I discorsi d’odio, comunemente noti come hate speech, indicano contenuti che denigrano una persona o un gruppo sulla base di alcune caratteristiche come etnia, genere, orientamento sessuale.

Diversi studi effettuati negli ultimi anni sottolineano come siano prevalentemente due le vittime di hate speech che trovano sempre più spazio sui social: le minoranze, siano queste di natura religiosa, culturale o sessuale, le persone con disabilità, il “diverso” spesso vittima della violenza del gregge; oppure le donne, colpite negli ambienti digitali in quanto già  vittime di molestie e violenze nei luoghi di lavoro e nell’ambiente domestico.

Con l’intento di analizzare questo fenomeno, sono stati realizzati diversi progetti accademici. Tra questi HATEVIZ[1], un progetto dedicato al monitoraggio delle parole d’odio rivolti contro le donne dagli utenti di Twitter che studia attraverso processi di analisi testuale le diverse forme di violenza di genere subite da tante donne quotidianamente all’interno di questi spazi virtuali[2].

L’aspetto innovativo del progetto è la dashboard interattiva e facilmente navigabile che offre la visualizzazione delle principali statistiche sulle parole più frequenti sui network. Queste elaborazioni non solo offrono spunti di riflessione e di rielaborazione importanti ma permettono di anticipare dei segnali di tendenze sociali e culturali attraverso il comportamento di specifici gruppi di users.

L’utilizzo di Hateviz nel caso di Silvia Romano ha messo quindi in evidenza alcuni aspetti interessati sul fenomeno social che si è generato.

Tra i 16 termini analizzati, i due più frequenti sono stati “liberata” e “conversione”.

Nel sentiment dei tweet emerge però anche un’opinione negativa piuttosto diffusa, soprattutto per quel che riguarda la conversione della ragazza alla fede islamica, così come risulta essere tema di dibattito la gestione del Governo relativamente alle dinamiche in cui è avvenuta la sua liberazione.

Questi aspetti risultano centrali anche nella analisi della polarità dei termini, visualizzati tramite word-cloud;

dove le parole vengono associate ad una determinata polarità in base al maggior utilizzo in tweet che esprimono un sentiment predominante.

In questo caso i termini utilizzati con un sentiment positivo sono legati alla notizia della liberazione e del rimpatrio della ragazza e alla commozione espressa nel poter riabbracciare i propri cari. Al contrario, i termini legati ad un sentiment negativo sono centrali soprattutto in tweet che esprimono disappunto nei confronti della nuova fede della donna e della gestione della vicenda da parte del Governo.

Diversi termini sono invece utilizzati con un sentiment neutro, soprattutto nelle discussioni in cui il dibattito assume diversi punti di vista senza una posizione prevalente, dove assumono un ruolo rilevante gli esponenti politici in gioco (il Premier Conte, Di Maio e Salvini) o dove si affronta la questione del presunto riscatto pagato dal governo.

Inserendo successivamente termini e polarità del sentiment su un piano fattoriale, otteniamo ulteriori informazioni su quanto questi termini siano più o meno vicini alla polarità (positivo, neutro, negativo) e sulla loro numerosità.


Si può così osservare come la maggior parte dei termini assumano un sentiment neutro, confermando che il dibattito viene affrontato secondo diversi punti di vista;

i termini che si avvicinano alla polarità positiva del sentiment fanno invece ancora riferimento alla famiglia ed alla gioia della liberazione, mentre al sentiment negativo si associano ovviamente gli insulti.

Si conferma così che il dibattito intorno al caso di Silvia Romano è stato certamente molto intenso e ha anche accolto diversi punti di vista, ma anche che gli insulti e il linguaggio violento nei suoi confronti hanno monopolizzato l’attenzione nella percezione pubblica, evidenziando peraltro una forte discriminazione nei confronti della cultura e religione islamica.


[1] Hateviz nasce dall’esperienza del progetto comunitario, Coalition of Positive Messengers to Counter Online Hate Speech in Iulm coordinato da Emma Zavarrone con la collaboraizone di un team di ricerca composta  da MG.Grassia, R.Mazza (Unv. Federico II, Napoli) e N.Canestrari (Univ. Iulm).

[2] In particolare HATEVIZ considera diverse forme relazionali e mediali come le violenze nella sfera privata, l’oggettivizzazione del corpo femminile, le espressioni di odio, la segregazione delle donne in ruoli stereotipati dall’immaginario collettivo

Fonte foto: https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/Silvia-Romano-Kenya-senza-assicurazione-viaggio/