Pochi giorni fa la CNN ha organizzato un dibattito con il formato “town hall” (dibattito in cui candidati e candidate rispondono alle domande del pubblico) di ben 7 ore per parlare del cambiamento climatico e intervistare alcuni dei candidati/e alle primarie del partito democratico su questo tema, decisamente bollente. Una maratona di 7 ore su un tema così specifico durante una campagna elettorale non si è mai vista qui negli USA e tanto meno in Italia, ed evidenzia come ormai di cambiamento climatico si debba parlare a tutti i costi. Anche perché siamo già in notevole ritardo.
Tra l’altro il merito di aver messo al centro della campagna elettorale il cambiamento climatico va a Alexandria Ocasio-Cortez, che lanciando l’idea del Green New Deal, ha reso impossibile ignorare la questione anche per coloro che erano piuttosto tiepidini/e sul tema. Ottima mossa, che peraltro non stupisce arrivi da una donna: i cambiamenti climatici sono dannosi per tutt*, ma per le donne in particolare.
Ecco i punti principali di candidate e candidate che sono emersi durante il town hall organizzato dalla CNN:
Kamala Harris si lancia e promette eventualmente di bandire la plastica, e di trascinare in tribunale le compagnie petrolifere che hanno causato danni all’ambiente senza pagarne le conseguenze.
Voto di Greenpeace America: B+
Elizabeth Warren, dopo aver rivelato un ambizioso piano per contrastare il cambiamento globale, giustamente sottolinea che un focus eccessivo sui comportamenti virtuosi individuali non deve distrarre dal fatto che chi è veramente responsabile del riscaldamento globale sono le grandi multinazionali.
Voto di Greenpeace America: A-
Joe Biden è un po’ tiepidino su temi ambientali, a favore del fracking (fratturazione idraulica). Non fa una figura meravigliosa. Deve un po’ svegliarsi su questo e altri temi. Voto di Greenpeace America: B+
Bernie Sanders: piace molto – anche perchè ha definito Trump un “idiota” . Promette di difendere lavoratori e lavoratrici, e sottolinea che saranno necessari cambiamenti e anche sacrifici, per il bene delle generazioni future. Voto di Greenpeace America: A
Amy Klobuchar se la prende con Trump (a ragione, eh!) e promette di revocare gli scellerati provvedimenti di Trump sulle emissioni da metano. Voto di Greenpeace America: C+
Pete Buttieg la butta sul divino, e data la propensità del religioso americano medio a tirare in mezzo Dio su tutto, forse ci prende. “Se pensate che Dio stia vedendo questo (il cambiamento climatico) … che cosa credete che pensi?” Insomma, la lotta contro il cambiamento climatico è un imperativo morale. Voto di Greenpeace America: B
Beto O’Rourke si concentra invece sull’impatto della crisi climatica sulle persone a rischio: si devono spostare le popolazioni rischio di essere inondate in zone più sicure. Punta il dito sul problema dell’alimentazione e della carne. Voto di Greenpeace America: B-
Julián Castro fa bingo sul tema del razzismo ambientale: spesso sono le persone più povere (e di colore) a patire gli effetti della crisi climatica. Promette legislazione per ovviare a questo problema. Voto di Greenpeace America: B
Andrew Yang dice no al PIL e propone indicatori che considerino anche l’ambiente. Saggia idea. Voto di Greenpeace America: C+
Insomma, dalle lamentele per le cannucce di carta che non funzionano benissimo all’imperativo divino di salvare il mondo, coloro tra i quali verrà selezionato/a lo/la sfidante che dovrà battere l’orrido individuo che scalda la poltrona alla Casa Bianca, si impegnano almeno a parole sul fronte dell’ambiente. Vedremo il futuro cosa ci porterà.