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Aborto negli USA: tra nascite forzate e misoginia

di Federica Gentile | 15 Aprile 2023

Come puntualmente previsto, l’annullamento della sentenza della Corte Suprema americana Roe vs. Wade, che garantiva il diritto all’aborto a livello federale fino alla viabilità del feto, ha scatenato, negli stati più conservatori degli Usa, una corsa a imporre restrizioni sull’aborto: dopo 6 mesi dall’annullamento di Roe vs. Wade 24 Stati degli Stati Uniti avevano vietato l’aborto o stavano per farlo. Si tratta di una vittoria per il movimento provita – solo quella del feto però, appena sono bambini e bambine va bene che siano vittime di sparatorie nelle scuole senza muovere un dito – che ha lavorato costantemente negli anni per rendere prima poco accessibile il diritto all’aborto, e per poi metterlo definitivamente in discussione.

Le conseguenze di leggi estremamente restrittive nei confronti dell’aborto vanno ben al di là della procedura stessa, ed infrangono non solo il diritto di non avere figl*, ma anche il diritto alla vita e alla salute delle madri stesse. In Texas, Amanda Zurawaski, con altre donne, sta facendo causa allo stato in quanto il personale medico, per via di eventuali sanzioni nel caso in cui procurino un aborto, hanno lasciato che la donna, incinta, con una gravidanza che si sapeva sarebbe andata male, arrivasse quasi a morire prima di prestarle cure mediche necessarie.

Sempre in Texas, Samantha Casiano, dopo aver scoperto gravissime malformazioni del feto, non ha potuto abortire, e non avendo i mezzi per andare in un altro stato per l’aborto terapeutico si è trovata a dover affrontare tutto il resto della gravidanza con la consapevolezza di dare alla luce una bambina che sarebbe poi morta. Ah, ha anche poi dovuto, non avendo disponibilità economica, fare una raccolta fondi per il funerale della figlia.

Ma la misoginia, che chiaramente informa chi si fa portatore di queste crociate si estende anche alle modalità di aborto: negli USA dal 2000 è stata approvata come sicura per l’uso, la pillola abortiva (mifepristone) a cui si può ricorrere fino alla decima settimana di gravidanza. Eppure, malgrado la sicurezza ben dimostrata di questo farmaco, il giudice federale Matthew Kacsmaryvk, uno che ha fatto indossare a suo figlio piccolo una maglietta con su scritto “sono un sopravvissuto a Roe vs Wade”, ha dichiarato che il mifepristone non è sicuro, mettendone a rischio la disponibilità. Fortunatamente la Corte Suprema ha bloccato questa decisione.

La situazione negli USA rimane molto preoccupante e surreale: benchè la maggioranza degli americani e americane sia a favore, in varia misura dell’aborto, una minoranza potente e ben finanziata, la destra religiosa, ha fatto dell’aborto LA questione centrale e polarizzante della vita politica americana, ed ha promosso, con narrative false e misogine, la soppressione dei diritti riproduttivi delle donne.

Per ora, almeno in 24 stati, hanno vinto loro.

Immagine: Gayatri Malhotra su Unsplash