Confesso, che come milioni di altre persone – ma sospetto la maggioranza sia costituita da donne – ai tempi del furore del Magico Potere del Riordino, di Marie Kondo, presi in mano una copia del libro. Decisi di rimanere disordinata cronica, ma Marie Kondo non ha mollato, e ora ha la sua trasmissione su Netflix.
Durante la trasmissione la Kondo aiuta le famiglie a riordinare la propria casa, e anche un po’ la propria vita, ma soprattutto fa luce sulla quantità di lavoro necessaria per prendersi cura delle cose che possediamo. In una puntata una coppia – dopo che Marie con il suo angelico sorriso li ha costretti a rovesciare il contenuto di armadi e cassetti in mezzo al salotto – di fronte alle chilate di vestiti che hanno, alcuni mai indossati, si guardano increduli, e si chiedono basiti come hanno potuto accumulare così tanta roba, tra cui circa 150 sneakers, tutte del marito.
In altre puntate emerge in modo chiaro il fatto che il lavoro domestico e di cura, la cura delle cose e delle persone, specie in coppie eterosessuali, è ancora responsabilità delle donne. Lo show, costringendo i partner a lavorare insieme sulle cose di casa, di fatto, sia pure per un breve periodo, costringe ad un impegno paritario nella cura della casa.
Il lavoro domestico e di cura viene comunque considerato principalmente una responsabilità femminile, e implica una quantità di tempo che non viene riconosciuta in alcun modo. La cura delle cose inoltre va oltre alla manutenzione quotidiana (vestiti da lavare, stirare, oggetti da pulire ecc.) ma implica anche una dimensione più astratta: il lavoro domestico e di cura ha una componente emotiva che raramente viene presa in considerazione. Nicole Clark lo sottolinea in un articolo sulla trasmissione: il lavoro domestico e di cura comporta per le donne un carico mentale legato all’organizzazione e alla gestione della vita quotidiana, definito da alcuni studiosi e studiose come il terzo turno, quello che viene dopo il lavoro fuori casa ed il lavoro in casa.
La relazione tra lavoro domestico e di cura e le donne rimane una relazione molto dura da spezzare; i dati lo dimostrano, anno dopo anno, e il progresso, anche se c’è è veramente lento.
Dati Istat relativi alla cucina e alle faccende domestiche rilevano che l’81% delle donne cucina e/o svolge attività domestiche quotidianamente, contro il 20% degli uomini.
Quando guardiamo sconsolate i dati e gli stereotipi che alla fine ci dipingono sempre con la ramazza in mano a sdilinquirci per il detersivo che ci garantirà una gioia infinita oltre che pavimenti splendenti, rischiamo però di dimenticarci il fatto che il lavoro domestico e di cura può anche essere fonte di soddisfazione e realizzazione: se passare lo straccio raramente porta gioia, ci sono attività creative come cucinare e prendersi cura di bambini e bambine che sono invece possono essere una fonte di soddisfazione personale e realizzazione.
Ci sono persone, uomini e donne, che sono – o sarebbero felici e contenti- di stare a casa invece che lavorare fuori casa, specie se hanno accesso unicamente a lavori precari e malpagati. Il lavoro fuori casa non ha liberato necessariamente le donne: può garantire l’indipendenza economica, aspetto molto importante, ma non necessariamente è fonte di emancipazione, dato che nel mercato del lavoro siamo sempre un po’ considerate come “ospiti” che sono pagate meno, fanno meno carriera e sono mobbizzate se vanno in maternità. Non solo, molte donne – specie se lavorano in casa e non fuori casa – si sentono lontane dal femminismo perché hanno l’impressione che per essere considerate “vere” femministe, o per essere considerate “tout court” – sia necessario avere un lavoro fuori casa.
Nella fretta di conquistarci un posto nella vita pubblica – aspetto fondamentale e sacrosanto- abbiamo dedicato meno spazio e riflessione alla sfera domestica e agli equilibri di potere che in molti casi rimangono inalterati. Se sempre più donne lavorano fuori casa, non sono aumentati altrettanto gli uomini che si fanno carico delle faccende domestiche. C’è stata molta più attenzione a scardinare gli equilibri di potere nella sfera pubblica piuttosto che in quella privata. Se ci pensiamo bene, quando si può delegare il lavoro domestico e di cura a qualcuno, spesso viene delegato ad altre donne: babysitter e collaboratrici domestiche.
Tornando alla Kondo, Marie ci invita a tenere solo le cose che ci danno gioia, e tra quelle che sicuramente ci darebbero molta gioia c’è di sicuro un po’ più di uguaglianza, in casa e fuori.