Che il femminismo di molte multinazionale sia un po’ il risultato delle pressioni delle consumatrici, e un po’ una facciata per vendere, si sapeva.
E la Nike, che sforna spot che ispirano le donne a “farcela” con lo slogan “just do it” e pubblicità commoventi e inspirational, è l’ultima in ordine di tempo a vacillare quando si tratta di rispettare in pratica i diritti delle donne che lavorano.
L’atleta Alysia Montaño, sponsorizzata dalla Nike, è rimasta incinta, e la Nike le ha comunicato che avrebbe sospeso la sua sponsorizzazione (ed i pagamenti). La Montaño ha cercato di fare di tutto per soddisfare le richieste della Nike, si è fasciata i muscoli addominali dopo la gravidanza, e ha spedito il proprio latte dalla Cina – dove gareggiava – negli USA affinchè sua figlia continuasse a ricevere il latte materno. Ma alla fine ha deciso di protestare la posizione della Nike sulle atlete che diventano madri.
Un’altra atleta ha raccontato che quando suo figlio si è ammalato, ha continuato a gareggiare, in modo da non perdere soldi, ed ha dichiarato “Mi sono sentita in dovere di lasciarlo in ospedale e gareggiare, invece di stare con lui, come avrebbe fatto una mamma normale…Non me lo perdonero’ mai”.
Nike può anche dire alle donne “Just do it” e ultimamente “Dream crazy” ma le atlete si chiedono, non sarebbe meglio che la Nike smettesse di considerare la gravidanza come un infortunio?