Abbiamo sentito tutte le terribili notizie che arrivano dall’Afghanistan, dove ormai vige il gender apartheid e dove è persino stato proibito alle donne di far sentire la propria voce in pubblico. A fronte di questa situazione, è una buona notizia che la Corte di giustizia dell’Unione europea abbia stabilito che “il genere e la nazionalità da soli sono motivi sufficienti perché un paese conceda asilo alle donne provenienti dall’Afghanistan, dove i talebani al potere hanno fortemente limitato i diritti delle donne.” La sentenza della Corte di Giustizia dà quindi torto alle autorità austriache che in passato hanno rifiutato lo status di rifugiate a due donne afghane.
Giusto per dare un’idea della magnitudine dell’oppressione delle donne nel paese, i Talebani hanno emanato, da quando hanno ripreso il potere nel 2021, oltre 100 decreti che limitano i diritti di donne e delle ragazze in tutti i campi, dalla mobilità all’istruzione: le Nazioni Unite hanno stimato che l’80% delle ragazze afghane in età scolare (2,5 milioni) non abbiano accesso all’istruzione.
Il gender apartheid, a parte essere una violazione gravissima dei diritti delle donne, ha ricadute economiche immani: secondo quanto riportato da Future, dal 2021 si è verificata una contrazione dell’economia del paese pari al 27% e, solo nel 2023, la chiusura dei saloni di bellezza ha comportato la perdita di oltre 60.000 posti di lavoro occupati da donne. Anche per le imprenditrici la situazione è drammatica: sotto il dominio dei Talebani è difficile rinnovare le proprie licenze, e il dover essere accompagnate da uomini durante gli spostamenti rende complicato svolgere il proprio lavoro.
Nel settore pubblico quasi il 29% (116.000 persone) delle dipendenti ha perso il lavoro. Non stupisce quindi che, secondo il Global Gender Gap Index del World Economic Forum 2023 (per il rapporto del 2024 i dati non sono disponibili) l’Afghanistan sia all’ultimo post per il divario di genere con un gap di genere chiuso per il 40%.
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