Ormai lo sapete, qui parliamo di donne ed economia in tutte le salse! E, visti i tempi, è chiaro che l’ambiente stia diventando sempre più centrale nei nostri ragionamenti. donne ed economia circolare
Donne, sostenibilità, ambiente ed economia sono infatti in una stretta relazione tra loro,
finalmente anche nelle agende politiche di molti Paesi (anche se ancora lontane dagli obiettivi auspicati). Grazie alle sempre più numerose storie di donne che si fanno strada con professionalità e idee innovative, l’economia tradizionale – quella lineare e basata sull’estrazione di risorse naturali, che finiscono per diventare rifiuti – inizia a essere messa in discussione. Le donne, insomma, possono dare un contributo prezioso anche su questo fronte, e in molte lo stanno già facendo. donne ed economia circolare
Ma quale sarebbe il guadagno per l’ambiente se le donne avessero piena partecipazione nella vita economica?
Eurostat, nel suo nuovo Annuario sulle regioni europee, ha recentemente rilasciato i dati sul divario occupazionale di genere, assegnando all’Italia la maglia nera, insieme a Grecia e Romania. Non ci sorprende troppo, ma non dobbiamo abituarci a questi risultati: è tempo di guardare oltre e di capire come far crescere l’occupazione femminile. La transizione ecologica potrebbe rappresentare ad esempio un’opportunità straordinaria, con la prospettiva di creare fino a un milione di posti di lavoro entro il 2030. La domanda però è: ci sarà spazio anche per le donne in questo nuovo mercato del lavoro? Non è scontato. donne ed economia circolare
Un maggior numero di donne impiegate nei green jobs potrebbe infatti contribuire a creare un legame più forte tra economia e ambiente, basato sulla rigenerazione delle risorse.
E, con tutto il rispetto per Adam Smith, i dati dimostrano che le donne hanno una sensibilità speciale verso un modello economico diverso, non più basato su una crescita senza fine e di tipo estrattivo, ma piuttosto su una crescita di qualità, rigenerativa e legata ai cicli naturali, che le donne conoscono fin troppo bene, anche dal punto di vista biologico. donne ed economia circolare
Questa prospettiva non è nuova: già alcune scienziate l’avevano adottata in passato.
Rachel Carson, ad esempio, ha aperto una riflessione sugli effetti dei pesticidi sull’intera catena alimentare, e con Donella Meadows ha guidato il Club di Roma, autore del famoso rapporto sui limiti della crescita nel 1972, che ha segnato la nascita dell’ambientalismo scientifico. A Gro Harlem Brundtland, invece, dobbiamo il termine “sviluppo sostenibile,” coniato nel 1987 durante il suo mandato come presidente della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo.
Seguendo questa visione, i sistemi economici e le imprese possono diventare luoghi di reciprocità, condivisione di valori e gestione dei beni comuni, di cui gli ecosistemi sono una parte essenziale. Ce lo ha insegnato anche Elinor Ostrom, prima donna a vincere il Nobel per l’economia, che ha sottolineato l’importanza di concepire gli ecosistemi come patrimonio condiviso.
Grazie anche a donne come queste, oggi parliamo di economia circolare.
Dal punto di vista tecnico, abbiamo inoltre sia le conoscenze sia gli strumenti per costruire un nuovo rapporto tra umanità ed ecosistemi. Certo, non è una responsabilità semplice: richiede scelte coraggiose per cambiare la gestione delle risorse, la progettazione e l’uso di prodotti e servizi e la destinazione dei materiali. Una sfida enorme, che coinvolge governi, cittadini e imprese e che ha bisogno della forza collettiva per un cambiamento trasformativo.
Nell’attesa che i tempi maturino, possiamo ispirarci alle storie di donne che già oggi vivono l’economia circolare nelle loro attività imprenditoriali.
Un esempio? Giulia Pasquini, Corporate Brand Manager di Lucart, azienda familiare leader nel settore della carta, che ha scelto un modello di business circolare per rigenerare e accrescere i capitali naturali, sociali ed economici. Qui la carta viene prodotta seguendo un approccio sistemico per ottimizzare l’uso delle materie prime e ridurre gli scarti, trasformandoli in nuove risorse. Dal 2010, Lucart ha anche un impianto per il riciclo completo dei contenitori tipo Tetra Pak. Ma Lucart è anche un esempio di come le aziende che abbracciano l’economia circolare siano spesso guidate da leadership femminili capaci di coniugare le sfide della sostenibilità con una maggiore attenzione alla cura e alla parità di genere, sia all’interno dell’impresa che per le generazioni future.
Abbiamo bisogno di molte più storie come questa, che ci mostrino che l’economia circolare non solo è possibile, ma è una risorsa per la crescita delle imprese e per la creazione di nuovi posti di lavoro.