Dalle lavatrici, dalla spesa al supermercato (rigorosamente sui tacchi, eh) e dal lavoro domestico e di cura non sfugge neanche Angela Merkel, che recentemente alla domanda “Usa la tecnologia smart o fa la lavatrice lei stessa?“ ha risposto: “la fa mio marito.”
E se ancora, per caso, la questione del lavoro domestico e di cura non pagato vi sembrasse poco importante, ripensateci. L’EIGE, in un documento recente ha riportato che c’è un legame diretto tra carico di lavoro di cura e situazione (non buona) delle donne nel mercato del lavoro.
Lo sapevamo, ma i numeri aiutano.
Innanzitutto: in Europa ben il 92% delle donne possono essere definite come caregivers regolari (sono impegnate in lavoro domestico e di cura per vari giorni alla settimana), contro il 62% degli uomini. Le percentuali non cambiano di molto se si guarda in particolare alle donne occupate: ben il 94% delle occupate è impegnata nel lavoro di cura vari giorni alla settimana, contro il 70% degli uomini. Le cose vanno meglio in Danimarca (il 90% degli uomini sono occupati in attività di cura), drammaticamente male a Cipro, con il 41%, e l’Italia si piazza sotto la media europea, con un percentuale di circa il 60%.
Quando le donne lavorano part-time, l’impegno sul fronte del lavoro domestico e di cura non pagato aumenta di un’ora, ma non per gli uomini che lavorano part-time. Lavorare part-time significa non solo guadagnare di meno nell’immediato, ma si traduce anche in minori pensioni nel futuro.
Siccome poi in generale le donne quando lavorano guadagnano meno, al momento in cui si fanno i conti su chi deve lasciare il lavoro, sono in generale le donne che lo lasciano, per via degli stereotipi che le vogliono più orientate alla cura, e per via dei minori guadagni. E se pensate che tutto sommato il gender gap nei salari per l’Italia non sia così alto (si aggira intorno al 6,1%), basta aggiustare l’indicatore per capire che il numero inganna. Se guardiamo infatti al gender gap per guadagni in generale (e non al gender gap come differenze tra il salario medio lordo di uomini e donne), il gap di genere arriva al 43,9%.
Ma perchè le donne guadagnano meno? Semplice, per via della segregazione orizzontale, e per via della segregazione verticale. L’effetto combinato di queste due segregazioni, e del part-time, fa sì che le donne si assumano più responsabilità a casa, e queste maggiori responsabilità si traducono in minore occupazione, e via andando.
Quindi, avere una divisione del lavoro domestico e di cura più equa vorrebbe dire maggiore occupazione femminile, e un divario nei salari minori, come succede nei paesi europei caratterizzati da una divisione del lavoro domestico e di cura più equa.
Ora, una soluzione, non accessibile a tutt* potrebbe essere esternalizzare il lavoro di cura assumendo qualcuno (non in nero) per svolgerlo. E la cosa interessante – e deprimente – è che laddove i ruoli di genere sono più stringenti (per esempio in Polonia, Slovacchia, e Repubblica Ceca) le donne si sentono in colpa ad assumere qualcuno per pulire e quindi, anche potendoselo permettere, non assumono nessuno.
Che fare? Le soluzioni proposte sono le solite, come per esempio potenziare i servizi di assistenza all’infanzia, ma aggiungiamo, sulla linea delle riflessioni dell’articolo di Kate Donald, Unpaid care: the missing women’s rights issue, che bisogna che tutt* ma veramente tutt* la smettano di pensare al lavoro di cura come una questione non importante come altre di cui il femminismo si occupa. La distribuzione del lavoro di cura non è una questione privata che si traduce in scenate per decidere chi butta l’immondizia, ma si tratta di una questione serissima, e che se non si affronta in modo serio la questione del carico disuguale di lavoro di cura significa di fatto infrangere i diritti umani nelle donne.
E questo approccio non è ancora diffuso come dovrebbe essere. Non avere tempo per andare a scuola perchè si deve star dietro a fratellini e sorelline è una violazione dei diritti umani. Non poter avere un lavoro decente, partecipare alla vita politica e sociale del paese perchè si annega in obblighi di lavoro di cura non permette la piena realizzazione delle persone. Come afferma Kate Donald: “La quantità di tempo che le donne passano a svolgere il lavoro di cura non retribuito svolge un ruolo fondamentale nella determinazione del tempo, delle energie, delle finanze, e del capitale sociale e politico delle donne. E’ sicuramente una questione di diritti umani.”
Tutt* abbiamo avuto bisogno di cure, e tutt* ne avremo bisogno. Il lavoro di cura non sparirà mai, bisogna ridistribuirlo.