Sono circa 80 le donne che hanno avuto il coraggio di denunciare gli abusi subiti da Harvey Weinstein, che in questi giorni è sotto processo per 5 crimini sessuali contro due donne. Il processo a Weinstein rappresenta un momento importante per il movimento del #MeToo e si spera renderà giustizia alle donne che ha molestato, aggredito e di cui ha abusato sessualmente.
Malgrado l’allarme di alcuni per una caccia alla streghe che avrebbe seminato devastazione e giustizia sommaria verso “poveri” uomini colpevoli magari di un’avance fraintesa, Harvey Weinstein è l’unico sotto processo tra coloro che sono stati accusati di abusi vari dall’inizio del #MeToo benchè non siano mancati i casi di dimissioni e di licenziamenti.
Non solo, l’avvocata di Weinstein, Donna Rotunno, per convinzione o per strategia ha dichiarato a proposito del #MeToo: “Credo che le donne rimpiangeranno il giorno in cui tutto questo è iniziato, quando nessuno chiederà loro di uscire, e nessuno terrà loro la porta aperta, e nessuno gli dirà che sono carine”.
A parte che credo che in molte se ne farebbero una ragione piuttosto in fretta, alla fine della fiera, il #MeToo ha dato voce a donne – anche potenti – che fino ad allora non avevano avuto il coraggio di denunciare le molestie e le aggressioni subite.
Sono donne che hanno osato parlare, denunciando un’ingiustizia, contro un uomo potente. Rebecca Traister, autrice tra gli altri del libro“Good and Mad: The Revolutionary Power of Women’s Anger” in un podcast lo ha chiaramente affermato: queste donne hanno solo raccontato la loro storia, non saranno loro poi a giudicare chi ha compiuto questi atti. Weinstein sara’ in caso giudicato sulla base della legge e ampiamente difeso da un’avvocata di prestigio.
Stupisce, ma non poi così tanto, come molti e molte abbiano avuto come riflesso quello di proteggere, in primo luogo, lo status quo, l’uomo potente, piuttosto che credere a donne che hanno tutto da perdere da una denuncia. Come molte sanno per averlo vissuto sulla propria pelle o per aver letto orripilate i giornali, denunciare molestie o stupri comporta un’attenzione negativa sulla vittima. I mass media e il pubblico in generale troppo spesso si scatenano in un processo alle intenzioni, all’atteggiamento, all’abbigliamento della vittima, dipingendo a volte un quadro piuttosto positivo dell’assalitore (“bravo ragazzo” “innamorato” “gigante buono”), segno del fatto che come società alla fine – diciamocelo- non condanniamo poi in modo cosi’ deciso la violenza sulle donne.
Mentre all’interno del tribunale si svolgeva il processo a Weinstein, venerdì scorso un coro di donne fuori dal tribunale intonava quello che è ormai l’inno contro la violenza di genere, cantando “Lo stupratore sei tu!”.
Ecco, questa è la prospettiva da mantenere: focalizzarsi sulle responsabilità di chi perpetua la violenza, non su quelle di chi la subisce.