E’ estate, siamo sfiniti dal caldo, l’economia è a pezzi e i nervi sono scoperti per tutti. Quale migliore periodo, quindi, per una bella buriana mediatica di insulti. Con il caso di Carola siamo infatti arrivati, forse, ad un punto di non ritorno, nel quale bisogna cominciare ad affrontare la violenza social e mediatica con una decisione collettiva. Ci tocca partire da noi stessi, senza contare sull’aiuto di autorità e istituzioni pubbliche che in questa fase storica sono, quando va bene, afasiche e colpevolmente assenti, altrimenti complici quando si colgono troppi giochi di sponda e richiami evocativi.
Questa marea marrone montante non è però un’estemporanea reazione allergica alla canicola, ma è oramai sistemica
e colpisce tutti, ragazzine come donne famose, politiche come donne di spettacolo, fino ad arrivare ai 40.000 tweet di odio sessista in Italia censiti su Vox in soli tre mesi.
Un profluvio di insulti mediatici che raccoglie tutto il peggio dell’animo umano e della nostra società, colpendo soprattutto, guarda caso, quelle donne che hanno una voce e una presenza pubblica. Dentro c’è di tutto: disagiati che riversano le proprie frustrazioni con l’insulto, estremisti violenti e insicuri, cacciatori di like e follow, ma anche, a questo punto è lecito sospettarlo, gruppi organizzati e finanziati per creare un clima da caccia alle streghe, e mai espressione fu più precisa e puntuale.
Le donne oggetto di queste campagne di odio sono infatti delle vere streghe moderne da mettere al rogo:
donne che si sanno staccare dal conformismo sociale, andare contro la cultura dominante, esprimere una propria personalità e un proprio dissenso. E’ un rogo mediatico, quindi, quello che sta cercando allo stesso tempo sia di zittire con il fuoco dell’insulto le donne che non si allineano, sia di distrarre l’attenzione pubblica da altri e gravi problemi del nostro paese.
Nel Medio Evo le streghe erano considerate le detentrici del potere di cura sulla vita e sulla morte, dal momento che conoscevano molto bene le erbe medicinali e venivano prese in grande considerazione nei villaggi. Donne “diverse” e soprattutto pericolose per la loro carica di ribellione e potere di conoscenza. Dunque, donne da punire.
Ci saremo mica di nuovo, nei corsi e ricorsi della storia?
Le donne oggi avranno per caso accumulato così tanta conoscenza e autonomia da fare paura ad un potere precostituito che sta cercando allo stesso tempo sia di rimetterle al loro posto, sia di usarle come diversivo? Un potere precostituito, badate bene, che coinvolge non solo gli uomini, ma anche quelle donne più realiste del re, che partecipano dolorosamente alla gogna mediatica.
Non c’è dubbio che il potere delle donne sia cresciuto a partire dal dopoguerra al punto da cominciare a dare oggi un po’ troppo nell’occhio.
Sì, anche quello di noi italiane, per quanto spesso non ce ne rendiamo conto: siamo le prime al mondo per nuove iscritte all’università e la maggioranza dei laureati italiani (57,2% – dati Miur), abbiamo voti migliori degli uomini a scuola e all’università, produciamo il 41% del Pil, lavoriamo in 9,7 milioni (Istat, 2018). La ricchezza che possediamo è ancora inferiore a quella degli uomini del 25%, ma il gap sta migliorando nettamente. E, ducis in fundo, siamo più della metà dell’elettorato, quando ancora 74 anni fa manco votavamo.
Un accumulo di sapere, risorse e potere di cittadinanza che, lontano dall’essere paritario e pienamente consapevole, basta e avanza per far scattare l’allarme ad un sistema patriarcale già in ginocchio per la crisi economica e per diventare capro espiatorio di qualsiasi tensione e malessere sociale.
Per non fare la stessa fine dell’ultima caccia alle streghe, non tanto reale quanto metaforica , vale la pena cominciare a ragionare su come arginare questo tsunami, rendendoci conto che siamo tutte e tutti responsabili per la propria parte.
Senza scomodare raffinate strategie mediatiche, è arrivato il momento di chiederci: serve lo scandalismo di massa?
Che risultati ha prodotto finora, se non l’appagamento dell’ego degli insultatori seriali e un rafforzamento della loro compiaciuta autostima?
Forse potremmo rispolverare l’antica saggezza delle mamme, che di fronte a bulli e bulletti ci hanno sempre detto: ignorali, e se esagerano, vai dall’insegnante. Quello che vale nel micro, vale anche nel macro e quindi si può combattere il bullismo di sistema con le stesse armi utilizzare per contrastare quello scolastico. Anche perché, converrete, tra i protagonisti ci sono delle analogie imbarazzanti quanto a età mentale. Anche i manuali sul tema danno gli stessi consigli delle mamme:
ignorare il bullo, se possibile deriderlo, quando esagera denunciarlo.
Quindi, ecco quindi alcune proposte di strategie contro il bullismo di sistema, ognuna libera di scegliere quella che più le aggrada, e di proporre alternative:
- Non rispondere agli insulti che ci arrivano direttamente ed eliminarli subito dalla propria pagina, ma segnalare e denunciare ove possibile
- Non rilanciare gli insulti rivolti ad altre né commentarli nello specifico, per non dare visibilità agli autori, ma appoggiare le malcapitate incondizionatamente
- Denunciare senza pietà gli account molesti a Facebook, Twitter e quant’altro
- Denunciare alle autorità competenti dove ci siano i presupposti di reato, anche chiedendo aiuto e appoggio alle Associazioni di donne
- Quando gli insulti partono da personaggi di potere e vengono ripresi ovunque, rilanciare solo i commenti più ironici e abrasivi che li ridicolizzano.
- Silenziare i nostri social rispetto a personaggi e parole legati a insulti e bullismo, anche ricorrendo ad app specifiche
Un pensiero puntuale va infine rivolto ai patiti del diritto di cronaca e della libertà di stampa:
facciamo notare che il fenomeno è andato così oltre da poter essere tranquillamente derubricato al rango di non-notizia.
Gradiremmo quindi un’informazione che non passi le giornate a spulciare insulti sui social ma fosse più attenta ai fatti reali, per i quali, data la situazione del nostro paese, c’è abbondante possibilità di scrivere notizie esplosive. Tra l’altro, la caccia all’insulto è anche un’umiliazione per poveri giornalisti, spesso preparatissimi, obbligati a rovistare in questo scempio.
State tranquilli che se adottiamo in massa una strategia che riesca a silenziare i bulli, questi finiranno isolati ad insultarsi allo specchio e potremo finalmente tornare in poco tempo ad una vita social e mediatica civile.
Pensate, potremmo cominciare, tanto per cambiare, a ragionare in modo sereno e composto su come far uscire l’Italia dalla situazione economica e sociale disastrata nella quale ci troviamo.
Ah, si, perché abbiamo giusto qualche problemino, in Italia, se qualcuno avesse il tempo e l’interesse di occuparsene, ogni tanto…
Fonte foto: https://pixabay.com/photos/stop-violence-fist-hand-beat-4121138/