Per quanto la Nike si venda bene utilizzando l’empowerment delle donne, in pratica le cose stanno un po’ diversamente. Tempo fa avevamo scritto delle atlete rimaste incinte e discriminate dalla Nike, recentemente invece è emersa la storia di Mary Cain, campionessa americana di atletica leggera che alla tenera età di 17 anni era considerata la piu’ veloce della sua generazione. Naturalmente quando le viene data l’opportunità di venire allenata da un famoso coach della Nike, Alberto Salazar, nell’ambito del prestigioso Nike Oregon Project, non si è lasciata sfuggire l’occasione.
Ma secondo quanto affermato dalla Cain – ed echeggiato da altre atlete, la prima cosa che il team della Nike (tutti uomini) le impone di fare, per migliorare la sua performance è di obbligarla a dimagrire. Di molto. Con peraltro la delicatezza di venire pesata in pubblico ed eventualmente sbeffeggiata se non avesse raggiunto il peso ideale di 114 pounds (circa 51 kg).
Le conseguenze per la Cain sono state un crollo totale a livello fisico; per esempio, in seguito alla perdita di peso non ha avuto le mestruazioni per tre anni e si è fratturata 5 ossa. A livello psicologico l’atleta racconta in questo video che ha cominciato a pensare al suicidio e procurarsi tagli.
L’allenatore a capo del Nike Oregon Project Salazar, è stato nel frattempo sospeso per doping e l’Oregon Team è stato smantellato, ma non tanto – come sostiene Mary Cain- per gli abusi subiti dalle atlete, ma come conseguenza delle accuse di doping.
Quello che è accaduto a Mary Cain è sintomo di un sistema “creato e da uomini per uomini che distrugge i corpi delle giovani donne” basato sull’abuso del corpo delle giovani donne: “donne e ragazze vengono forzate ad adeguarsi agli standard atletici che si basano su come uomini e ragazzi si sviluppano”.
Sarebbe ora di smetterla.
Fonte: I Was the Fastest Girl in America, Until I Joined Nike