Ci risiamo, i potenti della terra si sono riuniti a Biarritz per il summit del G7 la priorità quest’anno è stata la lotta alla disuguaglianza. Obiettivo nobile, ma come osserva Oxfam nel report “The G7’s Deadly Sins”, sarebbe ora di accompagnare azioni incisive alle tante parole spese negli anni sul tema, cosa che non pare che sia successa, neanche questa volta.
La situazione di partenza è infatti preoccupante:
- La disuglianza in termini di reddito è aumentata in tutti i paesi del G7 dagli anni ’80;
- La disuguaglianza in termini di ricchezza accumulata sta aumentando anch’essa: “più della metà della ricchezza globale appartiene alle persone che vivono uin paesi del G7. Il 10% più ricco della popolazione nei paesi G7 possiede approssimativamente metà o più della ricchezza del paese, mentre il 50% più povero della popolazione possiede il 10% o meno della ricchezza”.
A fronte dell’impegno dei paesi del G7 contro la disuguaglianza economica, almeno a parole, la verità è che i paesi G7 continuano ad aggravare la disuguaglianza.
I sette peccati capitali dei G7 quindi sono:
- Politica influenzata dalle multinazionali: Lo strapotere di multinazionali e miliardari (926 miliardari vivevano nei paesi G7 nel 2018) si estende dall’economia alla politica, e fa sì che spesso questi soggetti siano in grado di far adottare politiche e provvedimenti a loro favore eludendo al tempo stesso le tasse dovute, sia nei paesi G7 che nei paesi del Sud del mondo. L’industria finanziaria per esempio spende ogni anno 159 milioni di dollari per fare lobby presso l’Unione Europea.
- Sgravi fiscali per i ricchi: i paesi del G7 adottano politiche fiscali che avvantaggiano le multinazionali: secondo Oxfam negli ultimi 10 anni gli introiti legati alla tassazione delle multinazionali sono diminuti quasi del 2%, mentre invece sono aumentati gli introiti dovuti alla tassazione di lavoratori e lavoratrici, di circa la stessa percentuale. Non solo, le imprese e multinazionali dei paesi G7 sono favorite dagli incentivi fiscali che negoziano con i governi del Sud del mondo che hanno bisogno di attirare investimenti e quindi concedono agevolazioni fiscali notevoli, rinunciando così a introiti che sarebbero utili per lo sviluppo economico nazionale. Per quanto riguarda invece la tassazione dei ricchi, solo il 3% del PIL dei paesi G7 deriva dalla tassazione della ricchezza; se si aumentasse la tassazione sul patrimonio di appena lo 0,5% si potrebbero usare gli addizionali 272 miliardi di dollari all’anno per lottare – per esempio -contro il cambiamento climatico.
- Trascurare la spesa sociale: servizi quali istruzione e sanità svolgono un rolo importante di protezione contro la povertà e la disuguaglianza economica, ma negli ultimi anni i paesi del G7, in varia misura, si sono dati all’austerity peggiorando soprattutto la condizione di donne e bambini/e; la povertà infantile è in generale aumentata nei paesi G7, e soprattutto nel nostro paese, che conta circa un milione di bambini/e in condizioni di povertà assoluta.
- Dare priorità agli shareholders: l’adozione del capitalismo neoliberale si è tradotto in una maggiore attenzione ai profitti degli/delle azionisti/e comportando stagnazione o declino dei salari e l’erosione dei diritti di lavoratrici e lavoratori. Infatti, “nei paesi G7 la proporzione di persone occupate a rischio di povertà è in aumento negli ultimi 10 anni, raggiungendo il 9% in Germania, più del 7% in Francia, il 12% in Italia, e quasi il 9% in Gran Bretagna”. L’erosione dei diritti di lavoratori e lavoratrici si estende anche ai paesi dove sono prodotti i beni acquistati da noi consumatori e consumatrici dei paesi più ricchi. La produzione di abbigliamento è un esempio: le donne che lavorano nel settore tessile nei paesi del Sud del mondo guadagnano pochi dollari al mese e spesso sono vittime di abusi sessuali.
- Far bruciare il pianeta: Oxfam rileva come la disguaglianza e la crisi climatica che stiamo vivendo siano legate. Di fatto l’adozione di un modello di sviluppo non sostenibile ha danneggiato le persone più povere ed il pianeta. I paesi del G7 (dati gli alti livelli di consumo e di produzione) sono i responsabili della maggior parte delle emissioni – e per una volta l’Italia qui fa una bella figura: non figuriamo tra i 10 paesi maggiormente responsabili di emissioni. Inoltre, essendo i paesi G7 i più ricchi, e i paesi in cui si concentrano le persone più ricche, “approssimativamente la metà delle emissioni che derivano dal consumo possono essere attribuite al 10% più ricco della popolazione. Di queste emissioni, il 77% sono generate dal 10% più ricco delle persone che vivono in paesi G7. La metà più povera del pianeta è responsabile solo per il 10% delle emissioni globali”. Non solo, nessun paese del G7 sta prendendo provvedimenti adeguati per rispettare l’obiettivo di tenere il riscaldamento globale al di sotto di 2 gradi.
- Sostenere economie che non funzionano per le donne: non possiamo ottenere l’uguaglianza di genere in un sistema economico ingiusto. Come sappiamo, in Italia solo il 56% delle donne fa parte della forza lavoro, un tasso tra i piu’ bassi in Europa. Le donne hanno anche maggiori probabilità di svolgere lavori meno pagati; le donne che lavorano nei paesi G7 guadagnano in media il 14% in meno degli uomini. E perchè succede questo? Sostanzialmente perchè sulle spalle delle donne ricade una gran parte del lavoro domestico e di cura.
- Non mantenere le promesse per quanto riguarda gli aiuti economici. Per diminuire la disguaglianza tra paesi poveri e paesi ricchi è necessario che i paesi rispettino gli impegni presi in termini di aiuto ai paesi più poveri. Tuttavia i paesi del G7 stanno contribuendo meno in termini di ODA (Official Development Assistance), e non sempre i fondi sono allocati nei settori che avrebbero un maggiore impatto sulla povertà.
Insomma, ci troviamo ancora una volta di fronte a problemi enormi e a una scarsa volontà politica di ripensare un modello economico e sociale che non è sostenibile, per le persone, e per il pianeta.
E purtroppo, secondo Oxfam, gli impegni presi al termine dell’incontro di Biarritz non sono all’altezza dei problemi che si devono affrontare: “ …alla fine del summit non sono stati presi impegni per riformare il sistema fiscale globale, per investire in servizi universali quali istruzione, sanità, protezione sociale e aiuti economici”. L’agenda femminista lascia anch’essa a desiderare, così come la mobilitazione contro la crisi climatica.
Ancora una volta, un’occasione almeno in parte persa.